Avventura in Malaysia

Le meraviglie naturali di un Paese tutto da scoprire!

DIARIO DI VIAGGIO

1 settembre 2002
Finalmente il giorno della partenza è arrivato! Zaino in spalla, biglietti in mano e un paio di valige ci presentiamo al check-in dell’aeroporto: il Marco Polo di Venezia. Una volta imbarcati (la mia fidanzata Chiara, mio cugino Damiano ed io), partiamo con un’ora di ritardo; problemi tecnici, dicono. L’arrivo a Roma e subito la coincidenza per Kuala Lumpur.

2 settembre
Il volo (12 ore circa), si svolge senza problemi, tra un film in inglese, una partita ai video games e qualcosa da mettere sotto i denti, arriviamo di prima mattina al KLIA (Kuala Lumpur International Airport). Purtroppo il primo impatto non è stato dei migliori, in quanto i nostri bagagli a KL non sono mai arrivati per il disguido del volo da Venezia che non ha permesso il trasferimento in tempo utile dal volo Alitalia al volo Malaysian Air. Un’ora persa tra il capire cosa bisognava fare e sbrigare le pratiche per lo smarrimento dei bagagli, e poi con un taxi, destinazione hotel.
All’arrivo in albergo, stanchi per il viaggio e demoralizzati per le valige, un’ulteriore inconveniente (l’ultimo per fortuna); l’albergo non ci dava la stanza prima di mezzogiorno, (erano le 8.30 di mattina).
Decidiamo allora di sfruttare il tempo a nostra disposizione in modo utile: ci dirigiamo a piedi a Merdeka Square (Piazza della liberazione) poco distante dall’hotel, dove entriamo nell’ufficio del turismo per chiedere tutte le informazioni necessarie per organizzare la vacanza nei giorni seguenti. La signora che ci ha dato tutte le indicazioni (di una pazienza e di una gentilezza invidiabili), oltre a pianificarci i giorni a venire con orari, escursioni, e consigli, si è anche prodigata per risolverci il problema bagagli contattando direttamente all’aeroporto una persona di fiducia.
Ringraziata e salutata ci dirigiamo all’hotel, il Swiss Inn in centro a Chinatown. Avuta la stanza, la prima cosa che ci siamo concessi è stata una doccia rigenerante, e una dormita di un paio d’ore.
Nel primo pomeriggio (dovevamo ancora mangiare), macchina fotografica e cartina alla mano di dirigiamo alle Petronas Twin Towers, attraversando Chinatown e il quartiere nuovo. Anche se il caldo era soffocante, il fascino di quei quartieri così diversi e contrastanti ci ha entusiasmati, ma nulla paragonabile alle due “torri gemelle” asiatiche. La loro altezza (452 metri) è impressionante, la loro maestosità ancor di più; ma al loro interno la sorpresa è ancora maggiore: un centro commerciale super lussuoso che di così grandi sia in Italia che all’estero non ne avevamo mai visti. Disposto su vari livelli, si trova qualsiasi cosa in abbondanza: un intero piano di negozi di abbigliamento, un altro di materiale ultra tecnologico, un altro ancora di soli ristoranti e fast food; e qui ci fermiamo e finalmente diamo libero sfogo al nostro palato. Dietro le torri un grande parco verde con al centro un lago dove la gente fa footing, i giovani si trovano per stare in compagnia e noi ci rilassiamo percorrendolo.
La sera un giro nel quartiere cinese dove dal nulla si è riempito di centinaia di bancherelle dove tutti vendono tutto. Il traffico è caotico e nei palazzi, giganteschi schermi interattivi che pubblicizzano prodotti locali. Per qualche minuto abbiamo la sensazione di essere in un film di fantascienza (Blade Runner o Il quinto elemento) e anche se stanchissimi non vogliamo tornare in hotel, e girovaghiamo ancora un po’.

3 settembre
Sveglia alle 8, colazione a buffet, e destinazione Malacca. Seguendo le direttive dell’ufficio turistico ci dirigiamo alla stazione delle corriere. Qui non funziona come da noi: tutti urlano e ti invitano a comprare i loro biglietti per le varie destinazioni, ma noi andiamo allo sportello indicatoci il giorno prima, prendiamo il bus n. 9 e… partenza.
In tre ore scarse siamo a Malacca, la città storica e portuale della Malaysia. Decisamente non è come la ipertecnologica Kuala Lumpur; il suo fascino deriva dal fatto che ha mantenuto quasi inalterato il suo aspetto coloniale, e gli edifici rievocano i tempi delle passate dominazioni: portoghesi, olandesi e inglesi si sono avvicendati. Essendo stato un grande porto asiatico, vi arrivavano e stanziavano mercanti di tutte le nazioni e religioni, e proprio per questo motivo vi sono moschee, templi buddisti, templi indù, e una chiesa cristiana, e tutti convivono senza asti o tensioni. Nella piazza principale vi sono vari risciò a pedali molto caratteristici che ci ispirano. Contrattiamo sul prezzo e sull’itinerario e il nostri accompagnatori ci portano in giro per la città a vedere templi, importanti palazzi storici e punti panoramici.
La giornata è trascorsa veloce ed è ora di tornare alla corriera. Siamo a Kuala Lumpur per cena, giusti in tempo per scegliere uno fra i tanti ristorantini cinesi o indiani e poi a letto. L’indomani si parte per il Taman Negara, la giungla malese.

4 settembre
Il ritrovo alle 8 è al Malaya Hotel, poco distante dal nostro albergo. Il soggiorno nel parco l’abbiamo programmato sul posto: cinque giorni di avventura nella giungla (i pacchetti turistici sono tre giorni) e abbiamo speso meno della metà di quello standard dall’Italia. Quattro ore di pullmino fino a Jerantut dove con un breve briefing in inglese di preparazione sul parco, poi un’altra mezz’ora fino all’imbarcadero di Kuala Tembeling, e infine tre ore di barca risalendo il Tembeling fino a Kuala Tahan dove si trova l’ingresso al parco e il quartier generale.
Non vi dico l’emozione, solo a sapere che ci trovavamo nel cuore di una delle foreste più vecchie del pianeta era per noi già appagante ed eccitante. Sistemati i bagagli nel nostro chalet, rifocillati e riposati siamo pronti per il dopo cena; la sera stessa è prevista la prima escursione. Con una guida parco e con i nostri temporanei compagni di viaggio (americani, asiatici, europei) ci siamo inoltrati in un sentiero tra la fitta vegetazione: il buio è totale e solo le pile illuminano poco oltre i nostri piedi. I mille rumori della giungla ci incuriosiscono e ci affascinano: insetti di tutti i tipi, scimmie, uccelli e piccoli rettili ci scrutano dal buio della selva: infondo siamo in casa loro e gli intrusi siamo noi. Un’ora e mezza dopo rientriamo in chalet e stanchi ma euforici stentiamo ad addormentarci.

5 settembre
Come da programma la sveglia è alle 8, poi la colazione in un ristorante galleggiante e siamo pronti per il trekking. Prima tappa è Teresek Hill, una ripida collina dalla quale si può godere di un suggestivo panorama sulla foresta. In mezz’ora di ripida salita il caldo umido ci ha fatto consumare la prima bottiglia di acqua da 1,5 litri. Noi stranieri infatti dobbiamo reidratarci molto in quanto clima e fatica sono estenuanti. I locali invece con mezzo litro d’acqua vanno avanti mezza giornata.
Proseguendo arriviamo al pezzo forte dell’escursione: il Canopy Walkway, i ponti sospesi. Si attraversano uno per volta perché ondeggiano; il percorso a circa 30 metri d’altezza si snoda per un km. tra le cime degli alberi avendo una panoramica eccezionale sulla foresta sottostante. L’eccitazione e lo stupore sono a mille, ma a parole non è possibile neanche immaginare ciò che proviamo in quei momenti. Il pomeriggio lo dedichiamo alla visita di un villaggio di locali: gli Orang Asli (abitanti originari). Il capo villaggio ci accoglie, ci spiega come vivono, come cacciano con la cerbottana, Chiara ed io non ci facciamo pregare e la proviamo su un bersaglio inanimato. Il piccolo villaggio è probabilmente creato per i turisti, ma è quanto basta per darci un’idea di come vivono gli Orang Asli nelle zone più interne del Taman Negara.

6 settembre
Oggi ci prepariamo ad un’escursione di tre ore, semplice sulla carta e che ci porterà senza guida a visitare Gua Telinga, una grotta angusta dove vive una colonia di pipistrelli.
Il caldo umido è insopportabile e l’escursione è più impegnativa del previsto: durante la prima fase tutta in salita abbiamo già esaurito la prima bottiglia da un litro e mezzo. Fortunatamente tutto il resto del percorso è un facile sentiero pianeggiante. Il percorso si protrae più a lungo del previsto perché ad ogni angolo, ad ogni curva il nostro sguardo viene catturato dalle meraviglie della natura: alberi giganteschi dei quali non si vede la sommità, termitai, rampicanti, uccelli variopinti, e per finire incrociamo una famiglia di indigeni che si accingono a pescare lungo un piccolo affluente del Tembeling.
Giungiamo alla grotta, l’ingresso è stretto, scomposto e in discesa. Chiara non si fida ad entrare ma Damiano ed io decidiamo di varcare la soglia, anche perché ci precedono due turiste australiane con una guida locale ai quali ci aggreghiamo. Dentro è buio pesto e si cammina carponi; l’umidità è altissima; la pila ci illumina il percorso. Arriviamo in una specie di volta che ci riserva una particolare sorpresa: il soffitto tappezzato di pipistrelli. Cercando di fare il minimo rumore proseguiamo per altri stretti passaggi e dopo breve arriviamo all’uscita. Entusiasti e “fradici” riprendiamo la via del ritorno.
Il pomeriggio lo dedichiamo al Tubing: la discesa del fiume Tembeling su enormi camere d’aria di camion. Ci voleva proprio, semplicemente rilassati ci facciamo trasportare per due ore dalla corrente del fiume rinfrescandoci dalla calura e ammirando la giungla dal fiume dove gli unici rumori sono l’acqua, le nostre voci e i versi degli animali.

7 settembre
Quest’oggi ultimo giorno di giungla il trekking più impegnativo: un’ora di barca in un ramo del fiume Tembeling poi sette ore di camminata in un circuito di sentiero non battuto. Il tragitto in barca è spettacolare: questa parte del fiume non è comunemente battuta e gli alberi delle rive formano dei ponti sospesi sulle nostre teste fino alle rive opposte. Capolinea… zaini in spalla e si dia inizio alla “spedizione”. Le prime tre ore sono anche divertenti (la nostra guida in alcuni punti crea il sentiero a colpi di machete), ci sono sempre cose nuove che ci colpiscono e rumori strani come il fragoroso frastuono che d’improvviso ci spaventa: tranquilli… ci dice la guida, è un’albero che è caduto.
Poco oltre metà percorso, un’orrida scoperta: sanguisughe! Senza rendercene conto eravamo pieni, tolte le scarpe sotto i calzetti ormai rossi dal sangue ne avevamo almeno 5-6 per piede. Con pazienza in un ruscello ci siamo rinfrescati e ripuliti dai viscidi parassiti che con tenacia invidiabile non si staccavano dalla pelle. A metà pomeriggio giungiamo alla tanto agognata meta, e rientrati allo chalet un’ora di doccia fredda, qualche piccola medicazione alle fastidiose ferite e dopo, distesi a letto fino all’ora di cena.
La serata, come le precedenti, è stata molto piacevole: la cena sul ristorante-barca e ridere e scherzare con i commensali rivivendo i momenti salienti della giornata trascorsa.

8 settembre
Giornata di passaggio: con dispiacere, dopo la colazione sbaracchiamo e ci dirigiamo all’imbarcadero, con malinconia ripercorriamo le tre ore di barca fino a Kuala Tembeling e da qui il pullmino ci porta a Jerantut dove ci viene dato l’attestato di partecipazione del parco, col nostro nome scritto in grande, che noi con orgoglio riportiamo in patria.
Le quattro ore di pulmino ci fanno in poco tempo ritornare al traffico e alla vita frenetica della capitale. Il rientro in hotel e una cena in un ristorantino malese rigorosamente piccantissima. Un breve giro per il mercatino per gli ultimi acquisti, poi a letto che l’indomani un aereo ci porterà a Tioman.

9 settembre
Non lo sapevamo ancora ma la giornata ci avrebbe rivelato una bella sorpresa. Dopo la colazione, alla reception abbiamo chiamato un taxi per il piccolo aeroporto Sultan Abdul e firmato le ricevute dell’hotel. L’addetto alla portineria vedendo il nostro nome ci ha chiamato nel retro del bancone e ci ha mostrato le nostre valige arrivate in hotel in giorno prima. Non credevamo ai nostri occhi: ormai date per spacciate, ci eravamo abituati a viaggiare col solo zaino, ma la cosa più bella è che in una delle tre c’era tutta l’attrezzatura da sub (bombole e pesi esclusi), che ci eravamo portati dall’Italia per le immersioni dei giorni seguenti.
Con l’umore alle stelle lasciamo l’hotel per l’aeroporto. L’aereo è un piccolo quadrimotore a elica di 50 posti della Berjaya Air. Un’ora di volo e sotto di noi intravediamo i vivaci colori dell’acqua che lambisce le spiagge dell’isola, mentre l’entroterra è completamente ricoperto di foresta vergine. Dopo aver ritirato i bagagli dobbiamo cercare una sistemazione: la cosa è stata più semplice del previsto: direttamente in aeroporto un operatore ci ha illustrato i vari resort dell’isola. Abbiamo optato per il Panuba Inn Resort; l’avevamo visto in un sito web in Italia e ci sembrava adeguato. In effetti era proprio così: gli chalet sono costruiti su palafitte sul tratto di costa antecedente la spiaggia. Forniti di ogni confort, servizi in camera, aria condizionata, tvc e frigo, ma soprattutto terrazzino con vista mare: credo che meglio di così non potevamo trovare direttamente sul posto.
Il resort era addirittura fornito di Diving center, al che ci siamo subito informati per le immersioni dei giorni seguenti.
L’intero pomeriggio in spiaggia e la sera cena nel ristorante del resort, a base di pesce, pescato in giornata con le onde del mare che facevano da sottofondo. Se non è il paradiso questo…

10-15 settembre
Il giorno dopo escursione a Koral island e Tulai island, due piccole isole disabitate ad un’ora di barca da Tioman. Qui, arrivati alla spiaggia, subito a fare snorkelling: sotto di noi pesci multicolori e coralli a perdita d’occhio. Sulla spiaggia, pranzo a sacco e relax. Il mio obbiettivo è riuscito a catturare un’iguana tra i cespugli, che poco dopo a velocità fulminea è scappata.
I giorni seguenti due immersioni al giorno non ce le toglie nessuno: il diving (Bali Hai) è gestito da due americani, mentre il nostro divemaster è cinese. Tutta l’organizzazione è impeccabile, la barca è molto comoda (cosa rara per i sub), ed ogni persona ha il proprio posto per se e per la bombola e spazio per muoversi. Noi avevamo la nostra, ma averlo saputo l’attrezzatura del diving è tutta in ottimo stato ed il noleggio era a prezzi molto competitivi.
Beh… una volta immersi nell’acqua a 31 gradi con il solo mutino, credevamo di essere all’interno di un documentario sulla vita marina. Le immersioni in Italia o nel Mediterraneo sono sicuramente belle, ma una volta fatte queste credo non si possa andare oltre. A 10-15 m di profondità trovi pesci multicolori, murene, pesci napoleone, pesci pagliaccio, tartarughe marine, cernie, razze, nudibranchi, per non parlare dei coralli: intere praterie di gorgonie, coralli a cono, a ventaglio, tridacne, grotte, insenature dove ogni centimetro di roccia era ricoperto da colonie di animali marini. Una tale moltitudine di vita così varia non ci era mai capitata di vedere. Probabilmente a parole non si riesce a rendere bene l’idea, ma vi posso assicurare che immersioni così spettacolari non le abbiamo mai fatte.
I divertimenti come li intendiamo noi a Tioman non ci sono. L’unico paesino più movimentato è Salang, dopo il nostro. La vita si svolge tutta sulla costa e per spostarsi dal un paesino all’altro si usa la barca.
Gli unici sentieri nella foresta sono impervi e difficili perché non sono segnati. L’unica strada dell’isola collega il Panuba a Tekek (l’aeroporto) ed è percorribile a piedi o in motorino. Da visitare è il paesino di Nipah il penultimo verso sud: qualche casetta, un ristorante ed una spiaggia deserta, un piccolo gioiello incastrato tra la vegetazione e le alte montagne di quella zona.
Per qualche acquisto si può andare a Salang, l’ultimo a Nord, dove oltre agli abitanti vive anche una nutrita colonia di iguane, che con molta cautela riesco a fotografare.

Mamma mia, già finita la settimana a Tioman: siamo al 16 settembre, l’ultima colazione e con malinconia sbaracchiamo. Il nostro taxi boat ci aspetta sul pontile, dieci minuti di barca e siamo all’aeroporto. Il quadrimotore a elica è arrivato, il tempo di caricare i bagagli e partenza, un ultimo sguardo dall’alto e poco dopo atterriamo a Kuala Lumpur. La coincidenza per l’Italia partirà fra dieci ore: troppo poche per andare in città, troppe per stare in aeroporto. Ma la scelta è obbligata: aeroporto! Affamati ci rifugiamo in un fast food, dopo di che utilizziamo il tempo che ci rimane e visitiamo il KLIA. Quest’ultimo è l’aeroporto più grande del mondo, tutto ultra moderno, e di una pulizia e un ordine esemplari. Ristoranti, negozi, librerie, uffici, perfino treni che ti portano da una parte all’altra del complesso: un piccolo paese insomma. Dieci ore passano relativamente veloci; il nostro Boeing è arrivato. Altre 12 ore di volo e il rientro in Italia. E’ il 17 settembre 2002 (martedì).

Considerazioni
Decisamente, il viaggio più appagante che abbiamo fatto, anche perché ce lo siamo costruiti sul posto, acquistando dall’Italia solo i biglietti aerei e le prime due notti a Kuala Lumpur. La Malaysia è un Paese spettacolare, sotto ogni punto di vista, e ci vorrebbero almeno sei mesi per visitarla bene. Il primo giorno è stato segnato dagli inconvenienti, ma dato che eravamo in vacanza ci siamo imposti di non abbatterci e così e stato. In fondo anche le piccole difficoltà ci insegnano qualcosa.
Oggi ricordiamo quel viaggio come il più bello, e scrivendo questo diario la nostalgia di quei posti si fa sentire.
Ciao ciao, Chiara & Mauro.

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