Con Hugo Pratt e Corto Maltese nella Venezia più intrigante - 2^ parte

Un altro capitolo della nostra guida: gli itinerari, le mille curiosità, i consigli di lettura

Piazza San Marco è la sala regia. Il molo, la splendida balconata sulla laguna. Il Canal Grande, la galleria dei quadri e degli specchi. Rialto è come chi dicesse la dispensa della città, e in certi momenti, verso l'autunno, pare addirittura il suo orto ridente e fragrante.
(Diego Valeri, Guida sentimentale di Venezia, 1978)
Avvertenza: gli asterischi indicano i luoghi che hanno rispondenza nelle foto.
Sono infiniti gli itinerari possibili in questa città unica al mondo. Il più scontato sarebbe quello incentrato sulle eminenze più note, quali Piazza San Marco, Rialto*, la Salute, l'Accademia, magari una puntata alle isole. Ma questa particolare guida è nata per essere tutto anziché scontata, per cui ho preferito scegliere un ambito più circoscritto che, non a caso, coincide con la porzione della Serenissima in cui mi sento più a mio agio: riferendosi al già citato "Corto Sconto" (vedi Letture consigliate) di prattiana memoria, è la zona nord della città a cavallo dei Sestieri di Cannaregio e Castello, descritta nei capitoli "Porta dell'avventura" e "Porta d'Oriente" di quel libro.
Per una comprensione ottimale, consiglio vivamente la lettura tenendo sottomano una mappa dettagliata.
Visto che il luogo d'arrivo a Venezia è - a seconda che si usi il treno o l'auto - la zona Piazzale Roma / Stazione di Santa Lucia, prendiamo le mosse da qui. Ci si può inoltrare in città tramite il vaporino o a piedi; nel secondo caso, o si scavalca immediatamente il Ponte degli Scalzi o si prosegue sulla Lista di Spagna, cosa che facciamo noi.
E', per la sua stessa posizione obbligata, una direttrice di forte affluenza turistica, alla quale si è adeguata un'offerta commerciale massiccia globalizzata verso il basso, per cui procediamo alla svelta ignorando il ciarpame; il primo spazio rimarchevole è Campo San Geremia, con l'omonima chiesa e Palazzo Labia (sede della RAI) che lo incorniciano sui lati sud e est. Essendo sull'angolo fra il Canal Grande e il Canale di Cannaregio, il Campo è esposto al vento da entrambe le vie d'acqua, cosa che in inverno ne fa uno dei luoghi più gelidi della città.
Pochi metri ed eccoci al Ponte delle Guglie: eretto in legno nel 1285, poi in pietra nel 1580, l'attuale denominazione, motivata dalle quattro slanciate guglie ai suoi angoli, sostituisce quella originaria di Ponte di Cannaregio, stesso nome del Sestiere riferito ai fitti canneti che un tempo caratterizzavano la zona.
Anziché scavalcarlo e proseguire sul Rio Terà San Leonardo, deviamo a sinistra per costeggiare il Canale di Cannaregio e in un istante, abbandonate le frotte dei turisti, sembra di essere in un altro mondo, sensazione vieppiù profonda quanto più si procede fino al termine della fondamenta: qui, di colpo, si apre lo scenario della laguna aperta attraversata dal Ponte della Libertà che unisce Venezia alla terraferma. Si torna brevemente indietro per portarsi sulla fondamenta opposta, cosa possibile solo scavalcando lo scenografico Ponte dei Tre Archi*, l'unico del genere in città; pochi metri prima del Ponte delle Guglie, uno stretto sottopasso immette nel Ghetto Vecchio. Lasciamo però ad altra occasione la trattazione di questo interessantissimo insediamento e attraversiamolo fino a raggiungere il cuore del Sestiere.
Questo consiste nei paralleli (in ordine da sud a nord) Rii della Misericordia*, della Sensa e Sant'Alvise, che consiglio di percorrere ciascuno lungo entrambe le fondamenta: è la parte di Venezia - insieme con alcune aree di Dorsoduro e l'estremità orientale di Castello - conservatasi ancora sufficientemente autentica, con scene di quotidianità negate alle direttrici segnalate dai cartelli gialli "San Marco", "Rialto" e "Accademia" affollate dal turistame a catena di montaggio.
Si può cominciare percorrendo la Fondamenta degli Ormesini sul Rio della Misericordia: oltre ad alcuni caratteristici camini*, merita attenzione il bellissimo arco della Madonna della Misericordia* che sovrasta il varco di ingresso alla Corte Nova sulla quale si affacciano le case che la confraternita fece edificare per i poveri (dal che anche il nome). Giunti al Canale della Misericordia, svoltiamo a sinistra sul Campo dell'Abbazia*, percorriamo un breve tratto della relativa Fondamenta sul Rio della Sensa, prendiamo a destra per Corte Vecchia e in breve ci si para davanti una delle vedute* magiche sulla laguna nord di Venezia: al di là della sacca della Misericordia e del Canale delle Fondamenta Nuove, si allineano l'isola di Murano e, più vicina, quella di San Michele che ospita il cimitero; sul lato alla nostra sinistra della Sacca, il Palazzo Contarini e, proprio sull'angolo, il Casino degli Spiriti (vedi curiosità).
Costeggiamo lungo la Fondamenta Gasparo Contarini il Rio della Madonna dell'Orto (che più oltre prenderà il nome di Rio di Sant'Alvise) fino a raggiungere il Campo e la Chiesa della Madonna dell'Orto*, il più completo esempio rimasto in città di chiesa gotica quattrocentesca. Tra gli spunti di interesse, spiccano all'interno i dipinti del Tintoretto, di Cima da Conegliano e di Palma il Giovane; rimarchevoli anche l'orientaleggiante campanile a cupola e l'attiguo chiostro, mentre è di grande suggestione la facciata al tramonto, quando il mattone che la costituisce sembra accendersi di luce propria.
Passati sull'opposta fondamenta, eccoci al complesso di Palazzo Mastelli e Campo dei Mori, autentica miniera di bizzarrie (vedi curiosità).
Ci riportiamo al Rio e alla Fondamenta della Misericordia e tramite un ponte raggiungiamo la Fondamenta di San Felice e l'omonimo Rio. Qui fa mostra di sé il Ponte privato Chiodo*, il solo ponte senza sponde rimasto in città; l'unico altro esempio in laguna è il Ponte del Diavolo sull'isola di Torcello.
Si guadagna in breve l'ampia Strada Nova, dalla quale una breve deviazione sull'omonima Calle porta all'attracco della Ca' d'Oro: da qui si ha una bella veduta sulla riva opposta del Canal Grande, con la sfilata di edifici che vanno da Ca' Pesaro all'elegante loggia della Pescheria di Rialto.
Si prosegue fino all'animato Campo dei SS. Apostoli, si scavalca con un ponte il Rio dei Santi e ci troviamo sulla Salizzada San Giovanni Grisostomo; pochi metri dopo l'omonimo ponte, un portichetto conduce a una delle perle nascoste di Venezia, il Campiello del Remer*: affacciato sul Canal Grande, è un piccolo spaziio urbanistico di grande equilibrio, con una vera da pozzo cubica e un'elegante scala che porta al piano superiore sormontando quattro arcatelle che ne assecondano la pendenza.
Tornati in breve sulla Salizzada, fra la Chiesa di San Giovanni Grisostomo e il Teatro Malibran, incontriamo l'altrettanto affascinante Corte Morosina e a poca distanza le due Corti (Prima e Seconda) del Milion, così dette perché vi prospettava la casa natale di Marco Polo.
Questa è una zona di particolare interesse per i fotografi, che troveranno spunti a iosa dall'intrico di rii e ponti che offrono scorci sempre cangianti nelle diverse ore della giornata. Fra questi, raccomando lo scorcio del Palazzo Soranzo - Van Axel* affacciato sul Rio de la Panada, uno dei luoghi preferiti da Corto Maltese.
Imboccata la Calle Castelli, ci si schiude davanti uno dei capolavori rinascimentali della città, la Chiesa di Santa Maria dei Miracoli*. Secondo una tradizione, qui si trovava un'immagine della Vergine ritenuta miracolosa e le offerte dei fedeli avrebbero contribuito alla costruzione del tempio; e non dovevano essere pochi, visto i materiali pregiati che costituiscono la scenografica facciata, l'unica di questo tipo in città: marmi policromi, serpentini, porfidi in un'infinita gamma di sfumature. Un gioiello da ammirare in tutti i particolari.
In tutta prossimità della chiesa è situato il Palazzo Bembo-Boldù, inconfondibile per quella che è forse la scultura più singolare di Venezia: in una nicchia si erge una figura di uomo selvaggio ricoperto di pelo che rappresenta Chronos*, il signore del Tempo, con in mano un disco solare. La statua fu posta da un componente della famiglia Bembo quale segno di affermazione, tanto che la sottostante iscrizione latina suona così: "Finché girerà questo sole, Zara, Cattaro, Capodistria, Verona, Cipro, Creta, culla di Giove, faranno testimonianza delle mie azioni".
Raggiunto il vicino Campo di Santa Maria Nova, ci si immette in Calle Larga Giacinto Gallina che, come fra due quinte teatrali, regala al suo sbocco il colpo d'occhio su uno degli spazi più spettacolari della città, quello del Campo e della Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. Non a caso, al tempo della Repubblica questo Campo era il più rappresentativo di Venezia dopo Piazza San Marco e vi si tenevano le onoranze funebri dei Dogi.
Però, prima di inoltrarsi nel campo dopo avere scavalcato il Ponte Cavallo, merita una digressione percorrendo tutta la Fondamenta dei Mendicanti sul Rio omonimo. Al termine, saremo alle già note Fondamenta Nuove, dalle quali apprezzeremo un'altra bellissima veduta verso Murano e San Michele; degno di nota, sulla Fondamenta opposta del Rio, uno squero* (cantiere in cui si costruiscono le gondole), uno dei pochissimi rimasti in città.
Possiamo ora dedicarci con calma alle meraviglie che abbiamo di fronte. Entrati nel tempio, si ha più la sensazione di essere in un museo che non in una chiesa: consacrata nel 1430 e appartenente ai frati domenicani, annovera al suo interno una serie incredibile di capolavori, quali il monumento al Doge Pietro Mocenigo di Pietro Lombardo, quello all'eroe Marcantonio Bragadin, il polittico di San Vincenzo del Bellini, le stupende vetrate policrome (solo per riportarne qualche esempio).
All'esterno si staglia imponente il monumento equestre in bronzo a Bartolomeo Colleoni, opera del Verrocchio e da molti reputato il più bello del mondo, la cui storia merita di essere conosciuta (vedi curiosità). Sul lato destro della chiesa, caratterizzato dalle absidi laterali, si estende un vivace spazio nel quale si può indugiare immergendosi nella quotidianità veneziana: gente che passa, bambini che giocano, panchine sotto gli alberi, alcuni caffè in cui prendersi una sosta (consiglio il gelato di Rosa Salva).
Manca ancora la ciliegina finale sulla torta, ma bastano pochi minuti per coglierla. Sul lato del Campo opposto alla Chiesa imbocchiamo la Corte della Madonna sbucando dopo pochi metri sulla breve Fondamenta dei Felzi, giriamo a sinistra, tralasciamo il ponte di ferro e di nuovo a sinistra ci infiliamo in una piccola corte silenziosa con vera da pozzo al centro, una scala che porta al piano alto, una meridiana sul muro e un passaggio a volta che dà su un piccolo rio: è la Corte Botera, che è da identificare con la Corte Sconta* detta Arcana, dalla quale prende le mosse una delle più avvincenti avventure di Corto Maltese (ricordiamo che in veneziano "sconto" significa "nascosto"). Un vero angolo d'incanto e uno dei luoghi più emblematici dell'immaginario prattiano, che conclude degnamente il nostro itinerario sulle orme del grande affabulatore veneziano e del suo straordinario personaggio.La sua stessa unicità fa sì che Venezia costituisca un campionario di curiosità praticamente inesauribile, così come è sterminata la letteratura al riguardo. Di conseguenza, anche questo spazio "Curiosità" sarà per forza di cose più ampio della media degli articoli presenti sul sito.
Non mi sembra peraltro il caso di copiare pedissequamente brani tratti dalle 853 e dalle 1002 pagine degli autorevoli testi del Tassini e del Lorenzetti citati di seguito, autentiche miniere per il lettore curioso. Sarebbe stucchevole, e d'altra parte questo sito si chiama "Ci Sono Stato" e non "Ho letto da qualche parte"!
Riporterò, tra quanto ho visto nella mia trentennale frequentazione di Venezia, cose che ho riscontrato di persona e mi hanno particolarmente intrigato invogliandomi all'approfondimento.

IL CASINO DEGLI SPIRITI
Questo bell'edificio cinquecentesco, che spicca sull'angolo nord-est della Sacca della Misericordia, fu fatto costruire dalla famiglia Contarini come luogo di ritrovo fra nobili e artisti; gli fu attribuito l'attuale nome quando, dopo l'abbandono, strani suoni - imputabili semplicemente al rumore della risacca marina - gli diedero una fama di mistero scatenando la fantasia popolare nelle più bizzarre interpretazioni: feste dissolute fra fantasmi, attività di falsari, nientemeno sede di sette streghe che da qui partivano in barca per Alessandria d'Egitto.
Oggi, molto più prosaicamente, il palazzo è un ospizio per anziani.

I GATTI, PADRONI NASCOSTI DELLA CITTÀ
Pochi sanno che i gatti di Venezia sono "d'importazione". Intorno al XIV secolo, epoca di splendore della Repubblica, le numerose navi che venivano dall'Oriente cariche di merci preziose portavano anche un carico indesiderato, quello dei ratti asiatici, responsabili della diffusione della peste che in più riprese afflisse non solo la città ma vaste porzioni di Europa. Venezia arrivò a vedere dimezzata la propria popolazione.
Oltre ad accattivarsi l'aiuto del Cielo con l'edificazione di Chiese imponenti come il Redentore e la Salute, il governo della Serenissima ricorse ad un mezzo più terra-terra ma senza dubbio efficace: importò cioè dalle Isole Dalmate una quantità di gatti!
Da allora il gatto* è diventato parte irrinunciabile della quotidianità veneziana, trovando con il singolare tessuto urbanistico della città una perfetta integrazione che non ha riscontri altrove.

WHAT'S CARAMPANE?
Ai tempi della Repubblica, il governo cercava di combattere le dilaganti tendenze all'omosessualità, provenienti dall'Oriente, imponendo alle prostitute di esporre le proprie rotondità dal balcone, in modo da invogliare i giovani alle grazie femminili.
Il Ponte delle Tette* è ubicato proprio nella zona in cui si concentravano le "signorine". Quelle case appartenevano alla famiglia dei Rampani, definite quindi Ca' dei Rampani, Ca' Rampani: da qui, la deformazione in "carampane", termine che è venuto a indicare donne di malaffare, per lo più anziane, volgari, sciatte.
Quanto il problema dell'omosessualità fosse sentito, lo prova questa citazione da "Curiosità veneziane" di Giuseppe Tassini, pag. 654 (tenete conto che il linguaggio è quello del 1863, anno della prima edizione del libro).
Che la sodomia si fosse abbarbicata in Venezia, lo provano varii turpi fatti raccontati nelle cronache, fra cui quello di un ser Bernardino Correr, il quale volse sforzar ser Hieronimo Urban zovene bellissimo per sodomia una sera che lo trovò in Calle de Ca' Trevixan a San Bartolomio e li taiò le stringhe de le brache; el qual non volse consentir; andò al Consiglio dei 10 et dette la sua querela.
Si conoscono decreti del Consiglio dai quali si ricava che, per estirpare "abhominabile vitium sodomiae", ogni venerdì si doveva raccogliere il collegio dei deputati ad inquisire sopra i sodomiti; che tutti i medici, chiamati a curare qualche uomo o qualche femmina "in partem posteriorem confractam per sodomiam", erano obbligati entro tre giorni di farne denunzia all'autorità, che finalmente i sodomiti s'appiccavano fra le due colonne della Piazzetta di San Marco, dopodiché s'abbruciavano fin che fossero ridotti in cenere; pena inflitta eziandio il 10 ottobre 1482 a quella buona lana di Bernardino, da noi summentovato.

GIOCO E MORTE TRA LE COLONNE
Come abbiamo visto, fra le due colonne della Piazzetta San Marco - dedicate rispettivamente a San Marco e a San Tòdaro - venivano praticate le esecuzioni capitali. E c'è da dire che il governo della Repubblica amministrava la giustizia in misura tutt'altro che morbida: la pena di morte era infatti comminata anche per reati oggi puniti con pochi anni di reclusione, quali il furto o la truffa, spesso preceduta da torture e inflitta con modalità terribili quali - fra le altre - lo squartamento con successiva esposizione, quale monito, dei quarti del corpo in varie parti della città.
Ma al luogo è legata pure una storia meno truculenta. Le colonne, giunte dall'Oriente nel XII secolo, erano in realtà tre, ma una finì in mare durante lo sbarco, mentre le altre due restarono a lungo distese in quanto non si trovava il modo di metterle in piedi. Si fece avanti infine Nicolò Barattieri, il progettista del primo Ponte di Rialto in legno (vedi più avanti), il quale riuscì nell'impresa sistemandole come le vediamo oggi e ottenendo in compenso l'autorizzazione a praticare nello spazio fra le due colonne il gioco d'azzardo, vietato nel resto della città.

C'ERANO UNA VOLTA QUATTRO MORI…
All'inizio dell'itinerario siamo passati dal Campo dei Mori accennando anche a Palazzo Mastelli. Sul lato del palazzo che prospetta sul campo si notano, incassate nel muro, tre statue che, secondo la tradizione, raffigurano i tre fratelli Mastelli: Rioba, Afani e Sandi. Essi erano venuti dall'Oriente nel 1112 eleggendo qui la sede dei loro commerci: da questi si sarebbero talmente arricchiti che il nome stesso Mastelli deriverebbe dai mastelli pieni di preziosi che erano arrivati a possedere. La residenza è anche nota come Palazzo del Cammello, in riferimento all'ancora ben visibile bassorilievo raffigurante un uomo che conduce un cammello caricato da una balla di merce.
"Perché Quattro Mori, mentre i fratelli erano tre?" vi chiederete. Ecco il quarto* poco più in là, in una nicchia all'angolo della presunta casa del Tintoretto. Si suppone che questo sia il conduttore del cammello, evidente riferimento - insieme con il turbante indossato da questo personaggio - all'origine orientale dei tre fratelli.

L'INGANNO DEL COLLEONI
Bartolomeo Colleoni, nato nel 1400 in provincia di Bergamo, fu uno dei maggiori condottieri del suo tempo. Da buon capitano di ventura - in altre parole mercenario - fu di volta in volta fra le file dei Visconti contro Venezia e viceversa. Nel 1454 si schierò peraltro definitivamente dalla parte della Serenissima che lo aveva nominato comandante supremo dell'esercito, conseguendo importanti vittorie.
Alla sua morte nel 1475 lasciò i suoi cospicui averi alla Repubblica a patto che gli fosse eretto un monumento equestre "davanti a San Marco". Le autorità non intendevano derogare dalle norme che vietavano modifiche all'assetto della Piazza, cosicché ricorsero a un escamotage che permise di rispettare comunque le volontà del defunto condottiero: la statua fu collocata sì a San Marco, ma non di fronte alla basilica, bensì davanti alla Scuola Grande di San Marco, una delle principali confraternite cittadine (oggi Ospedale Civile) situata di fianco alla Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo.
Ed è lì tuttora, per l'ammirazione degli astanti, in uno dei più scenografici campi veneziani.

CAPITELLI MALIZIOSI
Com'è noto, il Ponte di Rialto passò attraverso parecchie vicissitudini. Nel 1180 fu messo in opera il primo, un semplice ponte di barche, poi rifatto su palafitte nel 1265. Nel 1310 crollò a seguito di tumulti popolari e subito ricostruito. Nel 1444 fu rifatto in legno: grande festeggiamenti, fu preso d'assalto da una folla strabocchevole e per il troppo peso crollò. Fu ancora ricostruito, ed è quello che appare nel bellissimo "Miracolo della reliquia della Croce" di Vittore Carpaccio del 1494, quadro esposto alle Gallerie dell'Accademia.
Finalmente iniziarono i progetti per rifarlo in pietra e nel 1588 iniziò la sua costruzione. Fra la popolazione c'era molto scetticismo e ognuno diceva la sua.
Una donna affermò di essere disposta a farsi bruciare la "cosa" se fossero riusciti a finirlo.
Un uomo si dichiarò convinto che il ponte in pietra sarebbe stato realizzato il giorno in cui "el casso metarà l'ongia" (non serve la traduzione, vero?).
Il ponte fu costruito ed è quello che tuttora vediamo dopo oltre 400 anni.
I Veneziani, nella loro impareggiabile arguzia, vollero immortalare quei due personaggi. Quando passate il Ponte venendo da San Marco e cominciate la discesa verso il mercato della frutta, sulla destra avrete il Palazzo dei Camerlenghi. In cima a due pilastri noterete due capitelli, raffiguranti una donna accovacciata sulle fiamme e un uomo con una terza gamba che termina con degli artigli.

IL GOBBO DI RIALTO
Credo di avere già detto che la chiesa di San Giacomo di Rialto, o San Giacometo* (una T sola, dialettale) è la più antica di Venezia.
Sul lato opposto del campo c'è il famoso Gobbo di Rialto*. E' questa una statua alta circa un metro di un uomo accosciato che sostiene sulle spalle alcuni gradini: da qui sopra venivano letti i bandi al tempo della Repubblica. All'epoca i ladri erano condannati a correre nudi da San Marco a Rialto tra una doppia fila di persone che si divertivano a farne bersaglio di frustate e di ogni tipo di angherie. La colonna del Gobbo era il traguardo e la fine del tormento, tanto che raggiuntala la abbracciavano e la baciavano.

IL CAN DA BURCIO
Il burcio è una grande barca da carico bassa e molto larga, adatta al trasporto di merci alla rinfusa. Un tempo capitava che il conducente del burcio facesse dell'imbarcazione anche la propria casa, in un vano ricavato sotto la prua, conservandovi anche i beni personali. La barca era spesso dotata di un economico sistema d'allarme sotto forma di un piccolo cane, di norma bastardo, scelto per la piccola taglia ma soprattutto di natura irascibile e chiassosa. La funzione era infatti non tanto di difendere la barca bensì di avvisare il padrone abbaiando se qualcuno vi si avvicinava.
La locuzione "can da burcio" nella parlata veneziana è così passata a definire le persone che si adirano e alzano la voce per motivi futili.

LETTURE CONSIGLIATE
Un'avvertenza: alcuni dei titoli elencati non sono di facile reperibilità. Conviene girare per bancarelle o negozi di usato o remainders, ma è un ulteriore incentivo per entrarne in possesso e coltivare l'amore per Venezia.
* Giulio Lorenzetti: VENEZIA E IL SUO ESTUARIO, guida storico-artistica. Ediz. Erredici, Padova. Edita nel 1926, revisionata nel 1961, ristampata nel 1974 e poi nel 2002, è tuttora la Guida della città per eccellenza.
* Giuseppe Tassini: CURIOSITÀ VENEZIANE, Ediz. Filippi, Venezia. Risalente nella prima stesura addirittura al 1863 e più volte ristampato fino ai giorni nostri, è una lettura basilare (oltre che godibile) per scoprire gli aspetti meno noti della città.
* Tiziano Rizzo: I PONTI DI VENEZIA, Ediz. Newton Compton. Tutti (ma proprio tutti!) i ponti passati in rassegna con la storia, i personaggi, le tradizioni, i misteri ad essi collegati.
* Gaetano Zompini: LE ARTI CHE VANNO PER VIA NELLA CITTÀ DI VENEZIA, Ediz. Longanesi. Una bella serie di acqueforti di fine Settecento dedicate ai mestieri ambulanti, in massima parte oggi non più esistenti.
* Guido Fuga e Lele Vianello: CORTO SCONTO, Ediz. Lizard. Itinerari fantastici e nascosti di Corto Maltese a Venezia.
* Ugo Pizzarello e Ester Capitanio: GUIDA ALLA CITTÀ DI VENEZIA, Ediz. L'altra Riva, Venezia. Quattro stupendi volumi rilegati di grande formato con numerosi raffinati disegni a corredo degli itinerari descritti minuziosamente.
* Alvise Zorzi: CANAL GRANDE, Ediz. Rizzoli. La storia di Venezia narrata attraverso le vicende delle famiglie e dei palazzi che si affacciano sulla sua principale via d'acqua.
* Danilo Reato: STORIA DEL CARNEVALE DI VENEZIA, Assessorato alla Cultura della Provincia di Venezia.
* Laura Mangini: LA COMMEDIA DELL'ARTE, Ediz. Filippi, Venezia.
* Terisio Pignatti: VENEZIA, MILLE ANNI D'ARTE, Ediz. Arsenale.

Un commento in “Con Hugo Pratt e Corto Maltese nella Venezia più intrigante – 2^ parte
  1. Avatar commento
    Matteo
    21/06/2008 15:15

    10 e lode a resoconto e foto. Un residente mestrino

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