Turchia, porta d'Oriente occidentalizzata

Tradizione e rinnovamento in un Paese proiettato verso il futuro

Conoscevo già da qualche anno i programmi dell'Unione Europea grazie ai quali si possono fare scambi culturali fra Paesi diversi a prezzi irrisori (vitto e alloggio gratuito e viaggio rimborsato fino al 70%) e già ne avevo approfittato per altri viaggi (Normandia, Malta, Spoleto); questo grazie ad una associazione culturale interessata all'ambito mediterraneo della mia città, che è tra le conoscenze di mio padre che ha fondato a sua volta diverse associazioni ambientaliste-pacifiste a Reggio Calabria.
Comunque. Mi dicono della possibilità di andare in Turchia gli ultimi giorni di Settembre. Il 29 mattina dò un esame all'università e nel pomeriggio faccio il biglietto aereo da Reggio a Istanbul. Fortunatamente avevo già il passaporto...Il 30 Settembre parto assieme al presidente della suddetta associazione culturale, a Fiumicino conosco l'altro Italiano e le due Italiane del gruppo ed a mezzanotte, ora locale, sono all'aereoporto di Istanbul e si sente un Italiano che dice "Il visto di là: 'Visa' non è la carta di credito, è il visto". Quasi quasi ci cascavo anch'io.
Dopo tre contrattazioni prendiamo un taxi. L'autista carica le valige nel portabagagli in modo che fuoriescano per metà e le lega con delle corde. Vi risparmio i particolari... Giunti all'autogare, prendiamo il pullman e dopo averne cambiati tre, dopo 700 kilometri e dopo 14 ore di viaggio attraverso la Turchia occidentale, passando per la steppa mediterranea con parecchie piantagioni di pino, giungiamo ad Antalya, importante città della costa meridionale turca.
Un particolare: le linee dei pullman sono molto ben organizzate con mezzi relativamente nuovi e corse durante le 24 ore. Offrono l'acqua in pacchetti chiusi, l'immancabile the, e, al posto della salvietta rinfrescante, passa uno stewart con una bottiglietta con dell'acqua di colonia turca al limone (che si trova per meno di 2 milioni di turk lirasi) e la spruzza sulle mani.
La prima notte la passiamo in hotel ad Antalya ed abbiamo modo di visitare il centro storico, con le onnipresenti rovine romane, i minareti, i vicoli con negozietti (dove abbiamo avuto modo di comprare 16 cartoline ad 1 euro!), il bellissimo porto dal quale si vede la città in alto, sopra una parete rocciosa.
Mi accorgo subito dei prezzi bassi: una bottiglia d'acqua da 50 cl costa al market 250.000 lire turche (circa 14 cents) un romanzo preso per strada 3 milioni, e 100 minuti di conversazione telefonica internazionale 7.200.000 lire, cioè 3,90 euro!
Il giorno dopo visitiamo le cascate di Kursunlu e di Dudenbasi. In effetti questa zona della Turchia è molto ricca di acqua.
L'università di Antalya è bellissima: sembra un giardino termale, con alberi e fiori, bar e tavolini, ed un canale d'acqua che la percorre. Nel pomeriggio siamo lì e c'informiamo sulle facoltà ivi presenti per pensare ad un possibile trasferimento...
La sera del 2 Ottobre raggiungiamo la nostra meta, vicino le rovine della città romana di Olympos. Alloggiamo in bungalows di legno, con aria condizionata, in stile casette post terremoto. Il villaggio brulica di galletti, galline, tacchini e pulcini. La sera si accendono i falò e si suona la chitarra ed uno strumento a cassa chiusa, con manico stretto e 6 corde a coppie. E' pieno di turisti inglesi.
Il nostro gruppo è composto, oltre che da Turchi e Italiani anche da Polacchi e Norvegesi, invero molto simpatici e calorosi per essere ragazzi del nord Europa. I Polacchi si comportano quasi da Spagnoli, ed anche il leader dei Norvegesi, pur parlando sempre della sua nazione, ha una simpatia mediterranea! I Turchi sono molto accoglienti, anche se trovano qualche difficoltà con l'inglese, e persino io riesco a parlarlo meglio di loro.
Il programma dei giorni seguenti è poco nutrito: due lezioni di ecologia (bravo il professore, sfortunatamente trattava argomenti che conosco); un bagno al mare; visita, per conto proprio, delle rovine romane; costruzione di una casetta per uccelli e di un cartello (sul mio c'era scritto "Vendesi caldo ai paesi freddi"); breve visita di un tipico villaggio delle campagne turche; immersione di 10 minuti dopo pranzo: questa è stata bella, ma io, non volendo morire di congestione in paese straniero l'ho evitata, e ne ho approfittato per arrampicarmi a piedi nudi su un colle roccioso a picco sul mare; bird-watching, anche se uno degli organizzatori aveva detto 'girls', poi correggendosi, e saremmo stati molto più entusiati di praticare girls-watching! Caccia al tesoro, che io mi sono rifiutato di praticare, inerpicandomi invece nei boschi vicini.
Le serate passano fumando il nargile (leggi: narghilé) la tipica pipa ad acqua, molto leggera; infatti un non fumatore come me, a parte qualche colpo di tosse all'inizio, non trovava particolari disagi. Per due serate ho anche ballato: la discoteca (per fortuna con musica a volume basso) era costruita anch'essa in legno, e si trovava tra due pareti rocciose. La musica era bella, anni '70 - '80, ed i brani Turchi hanno un ritmo eccezionale.
Finché l'8 Ottobre, in sera tardi si parte per l'aereoporto di Antalya, dove alle 5,10 prendiamo un aereo della Turkish Airlines diretto ad Istanbul: è grande il doppio di quelli che l'Alitalia usa abitualmente per i voli europei, con maxi schermi che indicano velocità, altitudine, tempo di arrivo...
Dopo circa due ore di sonno interrotte, mi ritrovo ad Istanbul alle 6 del mattino assieme agli altri due Italiani (le ragazze erano partite prima e già si trovavano nella più grande città bagnata dal Mediterraneo).
La prima impressione che ho di Istanbul, percorrendo la Divanyolu Caddesi ('caddesi' è 'via') con il moderno tram, è negativa in senso positivo; ovvero: sembra una città del nord Europa, pulita e perfettina! Mentre io mi aspettavo una specie di Calcutta e rimango un po' deluso... Anche se nell'agglomerato urbano di Istanbul risiedono oltre 7 milioni di persone, il centro storico (quello che, suppongo, corrispondeva a Bisanzio - Costantinopoli) è raccolto in una piccola penisola che guarda l'Asia.
Ci sistemiamo all'ostello da 5,5 euro a notte nel quartiere di Eminonu, il centro storico della città, e dopo sono tre ore e mezzo di camminata continua per vedere il più possibile della città, ognuno per i fatti suoi. Io visito: l'Hagia Sophia Ayasofya Camii (moschea di Santa Sofia), imponente e bellissima, la Yeni Camii ('camii' vuol dire moschea), bianca all'esterno e tappezzata di rosso all'interno, la stazione centrale, quasi in stile vittoriano, i vicoli pieni di mercati, per i quali cammino tenendo con la mano sinistra lo zaino di pelle in spalla, e con la destra la Nikon da un chilo che ho a tracolla, perché una stessa ragazza turca (bionda con gli occhi azzurri) conosciuta sull'aereo da Roma, mi aveva avvertito di stare attento; ma nessuno tenterà mai di scipparmi.
Arrivo al Topkapi, palazzo del sultano, ma ormai è tardi, e faccio in tempo a visitare solo i musei archeologici. Alle 14,30, quando ormai ho i piedi gonfi e comincio a zoppicare ci ritroviamo tutti e tre nella Moschea Blu: ci sediamo sui tappeti che ne ricoprono il pavimento e ci addormentiamo con la testa poggiata sulle ginocchia. Poi fino alle 17,20 pranziamo, ma i miei occhi si chiudono da soli.
Altro giro nel pomeriggio, per il Gran Bazar! E' un luogo chiuso dove si può trovare di tutto. Cominciano le contrattazioni alla maniera araba: gli altri due del gruppo addirittura si siedono a prendere un the in un negozio di tappeti durante il tempo della contrattazione. Io per comprare un piccolo nargile giro molti negozianti, e lo trovo per 8 milioni (poco più di 4 euro); mi costa di più il tabacco. Non conoscono il modo italiano di comprare: girare per tutti i venditori e scegliero quello più economico e quasi si offendono che non compro. Chiedo ovviamente ai venditori di pellame, in memoria dei periodi d'infanzia e adolescenza passati a girare nel mercato della pelle di Firenze. Un esempio dei prezzi: per un borsone di pelle mi chiedono 200 milioni, e scendono lentamente, e quando io ne offro 60, arrivano a 100, per cui li saluto.
Nel bazar faccio anche simpatici incontri con gli stessi venditori che appena mi vedono esultano "Spanish!" (forse come se in Italia non ci fossero persone alte!), e io sempre a rispondere "No, Italiano" - "Ah, e di dove?"- "Del sud" - "Salerno!" (non so perché è la più conosciuta) - "No, più giù, di fronte la Sicilia". Poi cominciano con la solita solfa che da loro non c'è mafia (ma a chi glielo contano) ma restano comunque molto simpatici. Mi sono rimasti impressi dei venditori di ceramica, a cui io spiegavo che quella la producono in Sicilia, mentre uno di loro disgustava la Sicilia, ed io prontamente "No, ma sono mezzo Napoletano"; me ne andavo e quello che parlava Italiano con l'accento del nord "...Ti regalo anche un pantalone!".
In un negozio di pellami fuori dal bazar, il giorno dopo, il proprietario m'intratterrà dicendomi che lì non ci sono mafiosi e la sua pelle è di ottima qualità (e ci credo, con i prezzi che fa!)
Alla sera tardi quando ormai sono uno zombie semovente e mi trascino fino al letto con i polpacci e la schiena indolenziti.
La mattina dopo è un'altra massacrante visita della città, questa volta di corsa perché alle 12 dobbiamo partire per l'aeroporto. Raggiungo un porto passando per i giardini del Topkapi e da lì vedo il ponte sospeso fra Europa e Asia: quattro pilastri altissimi, 1,5 kilometri di ponte arcuato... Quello sullo stretto di Messina dovrebbe essere lungo il doppio; ma sono pazzi!
Poi torno di corsa lungo la Ankara caddesi per arrivare all'ostello e prendere la valigia da 29,3 kg; di corsa prendere il tram, corsa per la metropolitana. In fretta anche all'aeroporto di Istanbul ed a quello di Roma perché le coincidenze sono serrate.

La Turchia mi ha affascinato ed i Turchi mi hanno dato l'impressione di essere molto simili a noi e agli Spagnoli, "solo, più bassi" come diceva la prima sera un boss del villaggio turistico guardando me. Non ammetteranno mai di essere simili ai Greci (e viceversa per questi ultimi) per l'avversità che esiste tra i due popoli, ma hanno anche alcuni cibi in comune.
Mi sto già proponendo di tornare nella magnifica città di Istanbul, ideale capitale del Mediterraneo, e magari di girare per la costa occidentale, tra Izmir (Smirne) e Troia...La cucina turca è ottima, ma già me lo avevano accennato. Il kebab, che io conoscevo come 'gyros' dalla Grecia, è una cosa spettacolare; peccato che non possano mangiare carne di maiale perché sarebbe il massimo.
Il pranzo è costituito da un unico piatto (come quasi ovunque nel mondo) con riso o cus cus, carne, verdure, a volte accompagnato da una scodella con zuppa. Un unico piatto mi ha fatto veramente schifo: all'aspetto era molto bello, e l'ho anche fotografato; in realtà trattavasi di una poltiglia agrodolce dagli ingredienti ignoti, della quale ho dato una delucidazione ai gruppi nordeuropei, dicendo: "This, in Italian is 'sbobba'!"Una curiosità: in tutto il viaggio ho incontrato una sola donna con lo (chador, burka?) che copriva il viso. La maggiorparte delle donne veste come in Europa, mentre qualche ragazzina e per lo più le anziane indossano il fazzoletto in testa.

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