Fine settimana nelle terre del Marchesato

Il meglio del Piemonte: bellezze artistiche, qualità di vita e… gastronomia sopraffina!

Partiamo alle ore 6.30 da Cremona per la programmata gita autunnale del Cral. Il gruppo è costituito da una trentina di persone e il viaggio si effettuerà in pullman. Con me sono due amiche che sono pure colleghe ed ex compagne di scuola, poiché in questa occasione le nostre rispettive metà hanno dato forfait: prevedo piacevoli chiacchierate e pettegolezzi.Sabato 20/9/2003
Arriviamo a Staffarda dove alle 9.30 abbiamo l’appuntamento con la guida.
L’abbazia di Santa Maria di Staffarda (Comune di Revello tel. 0175 273215) fu fondata dai monaci cistercensi attorno al 1135 sui terreni donati dal marchese di Saluzzo. I monaci che seguivano una regola claustrale rigidissima, povertà assoluta, niente carne, lavoro manuale, bonificarono e coltivarono i terreni dando vita ad una comunità che si reggeva su quanto si produceva in loco. Il complesso è costituito dalla foresteria che troviamo abbellita da una serie di tavoli addobbati per un pranzo di nozze; la loggia del mercato con volte a vela, la chiesa con facciata romanica preceduta dal portico ogivale, le absidi e lo svettante campanile di stile lombardo che si scorge da lontano.
All’interno il chiostro è considerato il cuore dell’abbazia; infatti da qui è possibile accedere a tutti i locali della clausura dove erano ammessi esclusivamente i monaci capitolari; vi si affacciano la sala capitolare il laboratorio (il solo ambiente con accesso dall’esterno per accogliere i conversi), il refettorio con l’affresco dell’Ultima Cena e la cucina, unica sala riscaldata dell’abbazia che ora ospita una colonia di pipistrelli. Al piano superiore sono situati i dormitori dei monaci trasformati successivamente in celle.
L’aspetto della chiesa è legato alla tradizione romanico – lombarda, l’interno è spoglio e austero, in linea con la regola cistercense; le uniche decorazioni sono le fasce in rosso e in grigio che sottolineano le membrature architettoniche; nel catino dell’abside un grande sole spicca su fondo azzurro. Da ammirare il pulpito in stile tardo gotico intagliato a motivi vegetali ed animali, il crocifisso di legno affiancato dalle figure di Maria e Giovanni, di scultore francese del ‘500, la grande pala d’altare terminata da Pascale Oddone nel 1535, costituita da sette nicchie con sculture in legno ricoperte di oro che rappresentano scene di vita di Gesù Cristo.
Nel grazioso e vecchiotto bar annesso sono in vendita gli ottimi biscotti di “meliga” fatti con farina di granoturco, macinata a pietra.

A Manta si erge sulla collina il castello di origine medievale, di proprietà, in parte, del F.A.I. (tel. 0175 87822). Nella sala di rappresentanza di Valerano, proprietario del maniero e figlio illegittimo del Marchese, compare il motto “Leit” e la “V” rovesciata: stanno a significare che “quando non si può avere l’onore per mezzo della discendenza lo si deve conquistare attraverso le imprese eroiche”. La sala è famosa per gli affreschi, di stile “cortese” del XV secolo ottimamente conservati, dei 9 prodi e delle 9 eroine, con la rappresentazione minuziosa dell’abbigliamento dell’epoca (cui si sono ispirati costumisti e registi). Il primo eroe della serie sarebbe proprio Valerano nei panni di Ettore, fra gli altri re Davide, re Artù ecc. Con le 9 eroine sono identificate le mogli degli eroi; sfortunatamente l’affresco della moglie di Valerano è l’unico in cui il viso è andato perduto. Sulla parete opposta appare la celebre fontana della giovinezza dove le figure sono arricchite da “fumetti”. In ogni caso fa sorridere la frenesia con cui gli anziani nobili, cardinali o contadini che siano, corrono ad immergersi nella fontana per uscirne giovani e baldanzosi. Da notare come il giovane, ultimo della serie, che entra nel bosco, riappare oltre il camino nelle sembianze dell’eroe Valerano – Ettore. Infine sulla parete più corta un affresco di carattere sacro, nascosto da ante, fungeva da pala d’altare; sembra essere stata posta per rimarcare l’effimero della giovinezza e delle imprese pur eroiche, ma terrene.
Nei successivi ambienti appartenuti a Michele Antonio bei soffitti e belle decorazioni a grottesche. Abbiamo anche la possibilità di ammirare l’esposizione di costumi e preziosissimi manti indossati dai personaggi della sfilata storica, che precede la corsa del palio, che ogni anno nell’ultima domenica di maggio si svolge a Legnano.
Arrivo a Saluzzo e pranzo presso il ristorante Persico, che si trova nelle immediate vicinanze del mercato. Ottimo pranzo: antipasti costituiti da lardo con erbette e vitel tonnè, risotto ai funghi e gnocchi di patate della Val Varaita, scaloppine, macedonia di frutta fresca con gelato.

Visita della città di Saluzzo, che conta 16.000 abitanti ed è sede di una prestigiosa scuola di perfezionamento musicale, patria di Silvio Pellico, G. Battista Bodoni e del Generale Dalla Chiesa.
Saluzzo, capitale per quattro secoli di un Marchesato indipendente retto da una dinastia illuminata, passò sotto i Savoia nel 1601 legando le sue sorti a quelle dell’intero Piemonte. Nel XVIII secolo Saluzzo conobbe un nuovo rifiorire urbanistico e architettonico arricchendosi di chiese e palazzi nobiliari. Dalla castiglia o castello, fino al 1992 sede di un penitenziario, punto più elevato dell’antico borgo, iniziamo con un percorso in discesa la visita della cittadina. La cerimonia di riapertura dopo due anni del museo civico, prevista per lo stesso pomeriggio ci costringe a modificare l’itinerario partendo proprio da Casa Cavassa prima che avvenga l’apertura ufficiale al pubblico. Edificio simbolo del rinascimento saluzzese fu la dimora di Galeazzo Cavassa e del figlio Francesco, membri di una nobile famiglia originaria di Carmagnola. Nel 1464 Galeazzo divenne vicario generale del Marchese di Saluzzo, carica che passò successivamente al figlio. La residenza visse il suo momento di massimo splendore agli inizi del Cinquecento e si conservano tuttora alcune opere che ne testimoniano il fasto passato. Una di queste è il portale marmoreo con il portone ligneo visibile sulla facciata di via San Giovanni. Il portale è sormontato dallo stemma della famiglia Cavassa, con l’immagine del pesce cavedano che risale la corrente e il motto “droit quoi qu’il soit” (“avanti a qualunque costo” o “giustizia quale che sia”). Alla fine del 1800 la casa fu trasformata in museo per volere testamentario del marchese Tapparelli D’Azeglio che la donò al Comune con il mobilio e gli oggetti d’arte affinché venisse utilizzata come museo o per feste municipali. Nel loggiato spiccano tre bifore in stile tardo gotico e sopra il ballatoio in legno gli affreschi a grisaille rappresentanti le fatiche di Ercole di Hans Clemer, di cui all’interno ammiriamo anche la pala della Madonna della Misericordia. Prezioso è il coro ligneo tardo gotico proveniente dalla cappella dei Marchesi di Saluzzo a Revello e i ritratti di Carlo Emanuele I di Savoia e della consorte Caterina d’Austria. Prima della costruzione del Duomo, la chiesa di San Giovanni era l’edificio di culto più importante della città. Sede dei Domenicani dal 1325 subisce notevoli cambiamenti strutturali nel corso dei secoli che sono ben visibili all’interno, dove il notevole dislivello del terreno rispetto alla strada e la modifica di orientamento dell’ingresso costringono a realizzare un’ampia e insolita gradinata. Nel 1829 la chiesa e il convento di S. Giovanni passano ai Padri Servi di Maria che li custodiscono tuttora.
Sulla semplice facciata è rappresentato un imponente San Cristoforo dipinto nel 1929. La torre campanaria eretta nel 1376 è a base rettangolare con cuspide ornata da quattro pinnacoli. All’interno, nella prima cappella di sinistra dedicata ai Santi Crispino e Crispiniano, nel 1992 è stato scoperto un ciclo di affreschi del ‘400. Nel coro si trova la cappella funeraria dei Marchesi che rappresenta una delle testimonianze scultoree più importanti del territorio. Nella nicchia di sinistra si trova il monumento funebre di Ludovico II, commissionato dalla moglie Margherita di Foix nel 1504 e realizzato in marmo bianco intorno al 1508. Dalla navata sinistra si accede al chiostro del convento edificato nel 1466 dal Marchese Ludovico I; vi si aprono la Cappella Cavassa con splendido portale in marmo bianco, il locale ospita il monumento funebre di Galeazzo Cavassa, e il refettorio con soffitto a cassettoni e un grande affresco cinquecentesco della Crocifissione.
Dopo avere superato la torre civica su cui si può salire per ammirare il panorama circostante, scendendo verso la città moderna incrociamo angoli pittoreschi abbelliti da lampioni e fioriture di gerani ai davanzali; percorriamo la Via Volta dall’impronta medievale, detta dei Portici Scuri, del XIV secolo, fino ad arrivare nella caratteristica piazzetta dei Mondagli dal nome di un’antica e nobile famiglia saluzzese, dove si trova l’Ente di informazioni turistiche e la casa dove Silvio Pellico nacque nel 1789.
In via Griselda, nome che ricorda la protagonista saluzzese dell’ultima novella del Decamerone, si affacciano eleganti portali. Il centro cittadino attuale compreso tra il Duomo e la Caserma di Cavalleria risale alla metà dell’Ottocento. Gli angoli più caratteristici della città bassa sono: corso Italia a portici, piazza Vineis con il monumento a Silvio Pellico, Via Pellico, porticata e Piazza Cavour dove spicca la costruzione metallica ottocentesca del mercato coperto, l’Ala.
La Cattedrale dedicata all’Assunta, costruita sul luogo in cui sorgeva un’antica Pieve, fu voluta dal Marchese Ludovico II nel 1491 e venne terminata nel 1501 nelle forme tardo gotiche lombarde. La facciata a tre portali è ornata da ghimberga e da due sculture in cotto rappresentanti San Pietro e San Paolo. Sul portale laterale appare la figura di San Chiaffredo, patrono della città di cui sono conservate le reliquie costituite dalla testa e dall’elmo. All’interno tra le opere d’arte: il crocifisso ligneo del primo ‘400, le tavole del polittico di Hans Clemer, artista piccardo, la deposizione in terracotta dipinta della fine del XVI secolo, opera di un artista emiliano di cultura lombarda.
Il pernottamento è prenotato presso l’albergo Perpoin (via Spielberg, 19 tel. 0175 42552/42382), situato sul confine del centro storico, dove è prevista anche una pantagruelica cena: peperone grigliato con bagna cauda, ravioli al sugo di ragù e crespelle al Castelmagno, agnello con patate e finocchi, dessert costituito da tiramisù, pesche ripiene e bonet secondo l’antica ricetta della nonna.
Dopo cena giro nella Saluzzo ottocentesca dove ritroviamo il carattere di città signorile con portici e bei caffè e tanta gente giovane ad affollare le strade o a godersi i concerti e gli intrattenimenti musicali nelle chiese e nelle piazze di città. L’orgoglio di ex-capitale è ancora visibile nei palazzi di corso Italia che ricordano ora la Francia, ora Torino. Splendida Saluzzo!

Domenica 21/9/2003
Partenza alle ore 8.30 per raggiungere, superando una distanza minima, Racconigi; in attesa della visita al Castello Reale, vediamo il Santuario della Madonna delle Grazie dove fu battezzato il Re di maggio Umberto II che a Racconigi era nato. A questo Santuario era molto legato e ne promosse la ricostruzione e l’abbellimento: la sua opera è ricordata da una lapide all’interno della chiesa. La costruzione risale al 1837 per volere di Re Carlo Alberto in ringraziamento alla Beata Vergine per la cessazione dell’epidemia di colera. L’architettura della chiesa si rifà al modello del Pantheon romano.
Ospitato in una ex tenuta dei principi di Carignano, sorge nelle vicinanze del paese il Centro cicogne della Lipu (0172 83457).
La storia di Racconigi, che conta 10.000 abitanti e che ha nell’economia agricola il punto di forza, inizia quando i primi documenti scritti che risalgono al X – XI secolo citano la località di “Raconese”. Passa a far parte del Marchesato di Saluzzo e sotto i Savoia del ramo Acaja, poi ramo Carignano, nel 1620 con Tommaso di Savoia. Nel 1831 Carlo Alberto di Savoia – Carignano diviene Re di Sardegna e Racconigi viene iscritta fra “le reali villeggiature”. Nel 1904 nacque l’erede al trono Umberto II; nel 1909 giunse in visita ufficiale lo zar Nicola II; nel 1925 vi si sposò la principessa Mafalda.
Il castello reale (tel. 0172 84005) risale originariamente al XII secolo come roccaforte dei Marchesi di Saluzzo a difesa dei territori contro i Savoia. Il castello e il feudo passano poi ai Savoia – Carignano e il principe Emanuele Filiberto nel 1676 ne affida la trasformazione in dimora di delizie all’architetto Guarino Guarini. I lavori vengono ripresi nel 1755 da Lodovico di Carignano. Dopo l’occupazione napoleonica Carlo Alberto rientrò in possesso dei beni di Racconigi. L’architetto Pelagio Pelagi lavorò alle decorazioni interne di vecchie e nuove sale, con uno stuolo di valenti artigiani. Nel 1870, il complesso di Racconigi entrò a far parte del patrimonio del Re d’Italia, Vittorio Emanuele II. La famiglia reale lo utilizzò, fino alla II guerra mondiale come sede di villeggiatura. Nel 1980 è stato acquistato dallo Stato Italiano, è aperto al pubblico dal 1990.
All’interno sono visitabili gli ambienti del I e II piano con la galleria dei ritratti e il bellissimo albero genealogico dipinto sulla parete dello scalone d’onore; la decorazione dello stesso è completata dagli stemmi delle spose di Casa Savoia. Gran parte degli arredi risale all’epoca Carloalbertina. Sulla galleria si affacciano numerose camere riservate agli ospiti che recano sulla porta la targhetta per apporvi il nome per facilitare le operazioni della servitù e le stanze che ospitavano i bimbi con accanto le baby-sitter dell’epoca. Si prosegue ammirando: il gabinetto etrusco, la cui decorazione è ripresa da una tomba, gli appartamenti in stile art – decò, il grande biliardo con la stecca più lunga riservata al re di statura gigantesca, l’appartamento di Umberto II con i ritratti di Maria Josè e dei figli in tenera età, le bellissime e funzionali cucine. Alle spalle della reggia si estendono i 170 ettari del parco reale.

Raggiungiamo Savigliano, ultima località delle terre del Marchesato che andremo a scoprire, non prima della rituale sosta per il pranzo presso la locanda del teatro. Menù: antipasti costituiti da cartoccio con caprino avvolto nello speck e cosparso di aghi di rosmarino, carne all’albese con fonduta, sformato di zucchine con salsa di peperone; gnocchi ai formaggi e tagliolini ai funghi; brasato con patate, carote e spinaci; bavarese al moscato e torta cioccolato e pere, il tutto annaffiato da Dolcetto e Roero Arnais.
Di Savigliano ricordo la piazza Santarosa , la cui formazione risale al XII secolo, di forma allungata attorniata da palazzi a portici, finestre ogivali, archi e loggette, vero salotto della cittadina, con il monumento a Santorre di Santarosa, artefice dei moti piemontesi del 1821, che a Savigliano è nato; dominano la piazza la torre civica e l’Arco Trionfale che immette in via Sant’ Andrea, dove si trova l’omonima chiesa abbaziale, desolatamente chiusa, e il palazzo Taffini D’Acceglio, di cui visitiamo alcuni ambienti, tra cui spicca il salone di rappresentanza con affreschi di carattere epico e il cortile a doppio loggiato. Altrettanto bello il cortile a “grisaille” di palazzo Muratori-Cravetta.

Verso le 17 riprendiamo la via del ritorno, alle 20.30 raggiungiamo il suolo cremonese con soddisfazione generale per le due giornate trascorse alla scoperta di luoghi poco conosciuti e troppo poco reclamizzati in primis dagli stessi abitanti.

Un piccolo rammarico: l‘itinerario sopra descritto si è rivelato ricco di attrattive storiche, culturali e paesaggistiche e certamente meriterebbe un approfondimento tanto più che mi rammarico di non essere riuscita a vedere il profilo del Monviso che fa da sfondo al panorama di Saluzzo, a causa della foschia.I Piemontesi dimostrano di saper ancora gustare i piaceri culinari. Infatti anche i nostri menù che dovevano essere turistici hanno sempre previsto antipasti, ottimi vini bianchi e rossi a volontà, acqua e caffè; ottimi anche i grissini di stampo artigianale e ottimi i desserts. Assolutamente da assaggiare e magari portare a casa i saluzzesi al rhum della pasticceria Rattalino, Piazza Risorgimento 19, Saluzzo, tel. 0175 42576, versione locale dei più famosi cuneesi.

2 commenti in “Fine settimana nelle terre del Marchesato
  1. Avatar commento
    Etta
    22/09/2004 20:56

    Confesso che anche per me questo angolo di Piemonte è stato una piacevolissima scoperta da apprezzare soprattutto nella stagione autunnale. Ti auguro di vero cuore di poterle vedere prestissimo.

  2. Avatar commento
    adalberto
    22/09/2004 00:55

    io sono argentino e parlo un po Italiano e il mio desiderio e cualcun giorno con le aiuta de Dio puo viagiare li per conocere le terre dove e nato il mio padre e un appagina molto bella gracie mile

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