La Strada del Vino

Da Trento a Bolzano lungo un itinerario… “goloso”!

Itinerario
Benché un po’ ai margini dell’area dolomitica, la Strada del Vino, immersa com’è in uno scenario di vallate rigogliose, frutteti, boschi, cerchie di montagne, centri storici, castelli e dimore nobiliari, il tutto a breve distanza del corso dell’Adige, può ben meritare di essere assimilata a quel magnifico mondo alpino che è il filo conduttore di questa rubrica. C’è anche da dire che spesso la si percorre proprio in occasione dei soggiorni estivi o invernali nelle valli dolomitiche come alternativa all’autostrada, di preferenza sulla via del ritorno cogliendo l’occasione per approvvigionarsi di qualche bottiglia degli ottimi vini prodotti nella zona.
Provenendo da sud, lasciata l’autostrada A22 a San Michele all’Adige, una quindicina di km. oltre Trento, si prosegue in direzione nord in un susseguirsi di paesi in prossimità della riva destra orografica dell’Adige.
Anche se non ancora sulla Strada del vino, Roveré della Luna (km.10) già occupa un posto di rilievo in ambito vitivinicolo; ci troviamo nel cuore della cosiddetta Piana Rotaliana, area di produzione di rinomati vini rossi quali il Casteller, il Teròldego e il Marzemino, ideali completamenti dei piatti della cucina trentina.
Le successive località che si incontrano nei 41 km. da qui ad Appiano, si fregiano tutte dell’attributo “…sulla Strada del Vino” unito al nome e sono nell’ordine: Cortina, Magré, Cortaccia, Termeno, Caldaro, Appiano. Trovandoci già nell’area del bilinguismo, che ha inizio convenzionalmente a nord di Salorno/Salurn, i nomi si trovano accoppiati ai corrispondenti tedeschi: Kurtinig, Margreid, Kurtatsch, Tramin, Kaltern, Eppan, seguiti dalla definizione “…an der Weinstrasse”.
Osservando il territorio che si attraversa, risulta evidente che la preponderante vocazione agricola è quella del frutteto, in prevalenza delle mele nelle differenti varietà. Passando di qui verso fine agosto / inizio settembre, ci si immerge in un vero trionfo di profumi e colori, con gli alberi stracarichi di frutti e le bancarelle lungo la strada che vendono direttamente le mele e le bottiglie del loro gradevole succo. Capita anche di notare la presenza, discreta ma assidua, di sorveglianti in punti di osservazione strategici, a vigilare che dalle auto di passaggio non scenda qualcuno per riempirsi il bagagliaio direttamente dalle piante.
Quanto a superficie occupata, la coltivazione della vite appare quindi come attività minore rispetto al frutteto: l’habitat dei vigneti, impiantati a pergola, è costituito dalla parte bassa delle pendici collinari, strutturate a fasce gradinate e spesso ricavate con fatica su un terreno in certi casi impervio.
Ciò non ha impedito l’affermarsi di produzioni vinicole di grande qualità, grazie alla mitezza del clima, la fertilità del terreno e l’esposizione favorevole dell’ambito, noto come Oltradige, interessato dalla “Strada del Vino”. Sui piccoli produttori, comunque presenti e meritevoli di essere scoperti magari percorrendo a piedi le stradine dei paesi, prevalgono le cantine sociali che, gestite di solito con professionalità, vendono vini qualitativamente validi a prezzi ragionevoli.
Il vitigno che in maggiore misura caratterizza la zona è la Schiava (Vernatsch), nelle varietà Grossa, Gentile e Grigia, molto diffuso nel consumo quotidiano ma adatto anche a un moderato invecchiamento. La stessa Schiava è prevalente, con l’aggiunta di modeste percentuali di Pinot Nero e Lagrein, nei due vini DOC più rappresentativi, il Lago di Caldaro (Kalterersee) e il Santa Maddalena (St.Magdalener); il terzo “fiore all’occhiello” è il citato Lagrein, nei tipi Rosato (Kretzer) e Scuro (Dunkel), vino dal sapore leggermente erbaceo per il quale ho personalmente un debole.
Per quanto concerne i bianchi, anch’essi eccellenti, molto presenti sono i vitigni cosiddetti internazionali quali lo Chardonnay, il Sauvignon, il Riesling; caratteristici dell’area altoatesina e più in generale germanica sono il Müller Thurgau, il Sylvaner e il Traminer aromatico (o Gewürztraminer).
Percorrere quindi con calma questa strada, fare sosta nei vari paesi, assaggiare i vini e gli altri prodotti del territorio è quindi una proposta da raccomandare a chiunque, meglio diluendo la visita in due o tre giornate. Per il pernottamento, non c’è che l’imbarazzo della scelta tra strutture che offrono sempre un ottimo standard d’ospitalità, dall’hotel alla residenza di charme, dall’agriturismo alla pensioncina fino alla “zimmer”. Per i pasti, la soluzione più in sintonia con un itinerario che è dichiaratamente enogastronomico è la Keller o Weinstube, vale a dire la cantina; ambientati spesso in dimore storiche (un esempio notevole si trova a Caldaro), in cui prevale un’atmosfera di grande aggregazione grazie alla frequente presenza di lunghi tavoli, questi locali, tipici dell’area tirolese, danno l’opportunità di assaggiare la produzione vinicola delle rispettive aziende. La “loro morte”, come si suol dire, consiste negli appetitosissimi assortimenti di affettati, salumi e formaggi locali accompagnati dal tipico pane di segale, morbido o croccante.
Questi momenti di convivialità hanno il loro culmine ad ottobre nel Torggelen (tema già trattato sulle pagine di Cisonostato), occasione per godere l’autunno altoatesino spostandosi da un maso all’altro per gustare il mosto e il vino novello.
La motivazione “golosa” dell’itinerario non deve però far perdere di vista gli aspetti ambientali, naturalistici, storici e architettonici per cui ognuno dei paesi è meritevole di interesse. Faccio seguire qualche esempio, lasciando a ciascun visitatore il piacere di scoprire il resto.
TERMENO – Borgo di origine romana, presenta diverse case signorili del XVI secolo che si affacciano su suggestive stradine. Degna di nota è la parrocchiale trecentesca, soprattutto per i cicli di affreschi dei sec. XIV-XV all’esterno e all’interno ma anche per l’imponente campanile di 86 metri, curiosamente unito alla facciata tramite un ponte.
CALDARO – Centro principale della “Strada del Vino”, sorge nelle vicinanze dell’omonimo lago ed è circondato di magnifici vigneti dai quali si ricava il già citato vino che ne trae il nome. Uno spazio scenografico e molto vivace è la piazza centrale, circondata da edifici rinascimentali ottimamente conservati e piacevole luogo di ritrovo, anche grazie ai tavolini dei numerosi locali che vi prospettano. Ma l’attrattiva decisamente più raccomandabile è il Museo del Vino (sito internet http://www.provinz.bz.it/volkskundemuseen/Wm_it_0.htm), ospitato nelle sale del Castel Montetondo. Una serie di strumenti per la lavorazione e di recipienti dai più umili ai più preziosi formano un percorso istruttivo attraverso duemila anni di storia della viticoltura. Ma le due maggiori curiosità sono un colossale torchio che da solo occupa un’intera sala e un manichino in grandezza naturale raffigurante il “saltaro”, secoli fa il guardiano al servizio del proprietario dei vigneti; nei due mesi precedenti la vendemmia, abbigliato con pelli di animali, in testa un serto di piume simile a quello degli Indiani d’America, al collo collane di denti e ossa, in mano bastone e schioppo, aveva il compito di allontanare gli intrusi dalle vigne, con le buone o con le cattive.
APPIANO – Centro storico attraente quanto Caldaro, con belle dimore cinquecentesche dalle tipiche finestre a sporto: molto originale la Casa von Vohlgemuth, divisa in due corpi collegati da un loggiato. Particolarmente fornita e meritevole di una visita è la Cantina Sociale. Una passeggiata a piedi di una trentina di minuti porta al dosso dominato dalle rovine del Castello di Appiano; è rimasta però in buono stato la cappella, decorata con affreschi duecenteschi di scene sacre e profane, mentre un’altra ala è stata restaurata e riconvertita a semplice ma piacevole posto di ristoro.
Allargando la visita ai dintorni ci si può sbizzarrire tra parecchi altri castelli, alcuni dei quali sono oggi alberghi di fascino: una citazione va a Castel Warth, fortemente scenografico per i suoi muri quasi completamente ricoperti di rampicanti e per la posizione alla sommità di un pendio di vigneti rigogliosi.
EGNA (NEUMARKT) – Pur non ubicata lungo la “Strada del Vino” propriamente intesa, ma giusto al di là dell’Adige di fronte a Cortaccia, Egna deve essere inserita in questo itinerario per l’analoga vocazione a frutteti e vigneti del suo territorio. Degno di nota è il nucleo medioevale, valorizzato dalle abitazioni dipinte di bianco, dalle belle insegne, dai suggestivi cortili e dai portici che caratterizzano i due lati della via Andreas Hofer, principale asse viario della cittadina. Proprio questo è lo scenario che, nel primo fine settimana di settembre, ospita le manifestazioni della Laubenfest (appunto Festa dei Portici) in un’atmosfera di grande coinvolgimento: se ancora non fossero sufficienti quelle elencate, una ragione in più per venire a passare qualche giorno da queste parti!

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