Viento de Patagonia - 3. Nel regno dei ghiacciai

In partenza da El Calafate, ci si addentra nei rami del Lago Argentino, dove il ghiaccio dà luogo a uno dei più mirabili spettacoli della natura

Così come accade per la monetina nella Fontana di Trevi o per analoghi rituali messi in atto dai turisti in giro per il mondo, secondo una tradizione popolare chi mangi le bacche agrodolci del Calafate è destinato a ritornare in Patagonia. Per sapere di più della relativa leggenda, vedasi il sito riportato nei links.
Il Calafate (Berberis Bruxifolia) è un piccolo arbusto dai fiori gialli con bacche bluastre che può essere fatto rientrare nella famiglia dei frutti di bosco: con esse si confeziona una varietà di prodotti fra cui dolci, confetture, gelati. Il termine deriva dalla lingua degli indios Tehuelche.
El Calafate è però anche uno dei più importanti poli turistici dell'Argentina, che vide l'inizio delle sue fortune con la creazione nel 1937 del Parque Nacional los Glaciares: ma è in particolare negli ultimi decenni, grazie alle migliorate comunicazioni, all'accresciuta stabilità politica dell'Argentina e alla popolarità attraverso i media ottenuta dalle meraviglie della zona, che la cittadina ha visto aumentare vertiginosamente un business di dimensioni impensabili quando era un semplice villaggio fondato nel 1927 sulla riva meridionale del Lago Argentino come luogo d'incontro dei commercianti di lana.
Il Parco è esteso su circa 4500 kmq (quasi una volta e mezzo la Val d'Aosta) e nel 1981 è stato inserito nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. E' caratterizzato da una delle maggiori calotte glaciali del mondo (Hielo Patagonico Continental), che comprende 47 grandi ghiacciai vallivi. La particolarità che rende unica l'area è la bassa quota: qui i ghiacciai hanno origine a partire da appena 1500 metri e scorrono fino a 200 metri sul livello del mare, erodendo le montagne circostanti. Per la precisione, il Lago Argentino è quotato sulle mappe 187 metri.
Il fenomeno più spettacolare è fornito dal Glaciar Perito Moreno, uno dei pochi al mondo che progrediscono anziché ritirarsi (anche se oggi il processo è meno evidente di un tempo): la sua avanzata di circa due metri al giorno verso la terraferma va via via ostruendo il deflusso dell'acqua dal Canal de los Tèmpanos al Brazo Rico del Lago Argentino, che cresce così di livello finché la pressione sulla barriera di ghiaccio produce la fragorosa frattura della parte ancoratasi a terra. Oppure, come nel caso dell'ultimo crollo del 2 settembre 2008, la spinta dell’acqua che non può defluire fra i due rami è tale da infiltrarsi nel ghiaccio e scavare un tunnel sempre più largo finché il ponte crolla: in tal modo il lago torna al livello originario e il ciclo lentamente ricomincia. L'evento, prevedibile dagli studiosi con una certa approssimazione, attira una quantità di turisti speranzosi di trovarsi al momento giusto per assistere a uno dei più grandiosi spettacoli della natura.
El Calafate è il luogo strategico per portarsi - in navigazione o via terra - al cospetto di quei giganti, più precisamente quelli che confluiscono nei vari bracci del Lago Argentino: ragion per cui risulta una delle mete irrinunciabili di ogni viaggio in Argentina, lungo o breve che sia.Riprendiamo il resoconto di viaggio da dove lo avevamo interrotto, vale a dire da Ushuaia, vedasi "Viento de Patagonia - 2. La fin del mundo" già pubblicato in questo stesso sito.

Venerdì 16 gennaio 2009
Partito in orario da Ushuaia alle 12.08, il volo di Aerolineas Argentinas ci deposita sul suolo di El Calafate alle 13,20. Ritirati velocemente i bagagli, all'esterno dell'aeroporto è in funzione un servizio di coordinamento dei taxi che applica una tariffa fissa di 80 pesos (= 18 euro) per il trasferimento in città. Durante i 23 km del tragitto, il tassista si rivela anche ottima guida turistica, prodigandosi in spiegazioni sui vari aspetti della natura che attraversiamo, dal clima alla geologia alla vegetazione; tutto ciò in spagnolo finché, giunti all'hotel, getta la maschera esibendo un italiano perfetto: non a caso si chiama Santiago Peirano, cognome che rivela le sue radici non solo italiane ma addirittura liguri, e riferisce di essere venuto diverse volte in Italia a visitare parenti.
Sarà il primo degli innumerevoli esempi di incontri di questo viaggio con i tanti "Italiani d'Argentina" (per dirla con una bella canzone di Ivano Fossati) che nonostante "la distanza atlantica" (sempre da quella canzone) mantengono i legami con la patria dei loro avi.
L'Hosteria Austral, in cui alloggeremo per tre notti (camera doppia 49 euro), non ha di certo il fascino delle cabañas e dell'ambientazione fiabesca dell'Aldea Nevada di Ushuaia; camere un po' piccole ma pulite e tranquille, buona prima colazione, ma soprattutto ottima posizione, proprio all'imbocco della via principale e a 100 metri dal terminal degli autobus. Insomma, consigliata.
Essendosi fatte le 15, abbiamo davanti tutto il pomeriggio, che impieghiamo per una prima presa di contatto con la città e per definire la logistica delle prossime giornate.
La prima tappa è il terminal degli autobus: prenotiamo con la compagnia Cootra la corsa delle 8,30 del 19 per Puerto Natales (15 euro a testa) nonché l'andata e ritorno da qui a El Chaltèn del 23 e del 26 (30 euro a testa) con la Chaltèn Travel.
Ci portiamo quindi sulla Avenida del Libertador, la via sulla quale si affaccia la maggior parte delle attività commerciali, compresi i vari operatori che gestiscono le escursioni ai ghiacciai. Non tardiamo a renderci conto che:
1) le agenzie si equivalgono, sia come offerta sia come prezzi: tutt'al più, qualcuna applica un piccolo sconto a chi prenota entrambe le "classiche", vale a dire l'escursione al Perito Moreno e la navigazione "Todo Glaciares";
2) i servizi sono comunque espletati (a quanto sembra in monopolio o quasi) dall'operatore Fernandez Campbell, ai cui mezzi di terra e di acqua sono convogliati i clienti delle varie agenzie;
3) come spiegato con chiarezza nei depliants, la scelta dei "brazos" del Lago Argentino nei quali inoltrarsi è a discrezione del capitano del battello solo al momento, compatibilmente con le condizioni meteo e la praticabilità dei passaggi fra i "tèmpanos" (icebergs).
Non stiamo quindi tanto a far ballare la scimmia interpellandole tutte e sottoscriviamo con "Solo Patagonia" il pacchetto delle due escursioni al prezzo di 440 pesos a testa (= 98 euro). Purtroppo non ci sarà possibile effettuare il breve trekking sul ghiacciaio in quanto la normativa lo vieta agli over 60: ci girano un po' le balle, consapevoli di avere sicuramente più pratica in quel tipo di escursione rispetto ai ventenni cui vengono fatti calzare i ramponi per la prima (e spesso unica) volta nella vita, magari legati a un paio di scarpe da tennis (lo si vede in certe foto!). Crediamo che sia più malsicuro portare sul ghiaccio gente del tutto inesperta che non dei sessantenni in ottima forma che vanno in montagna da una vita!
Il resto del pomeriggio trascorre passeggiando per El Calafate. La cittadina, nonostante la forte impronta turistica, è molto piacevole, anche perché gli urbanisti sembrano avere resistito alla tentazione di edificare scriteriatamente. È molto frequente l'uso del legno, non soltanto nei negozietti dei due "patios de los artesanos" ma anche in parecchi edifici: un esempio è un tratto ininterrotto di diverse decine di metri della Avenida del Libertador realizzato con tronchi a vista sul quale si aprono una sequenza di esercizi commerciali.
Ma pure parecchie strutture ricettive (lodges, guest-houses, cabañas) hanno una della carte vincenti nel prevalente impiego del legno, che accresce il senso del calore e dell'accoglienza trasmesso anche dalle case più semplici.
Molto belle sono anche diverse insegne variopinte e numerosi i cartelli - anch'essi in legno - che ammiccano al motivo della Patagonia vissuta come luogo in capo al mondo riportando le distanze fra qui e le città dei diversi continenti.
Trionfano naturalmente gli empori di souvenir, che vendono un'ampia gamma di articoli che va dalle pacchianerie agli oggetti di gusto a prezzi "adeguati". Tipico di El Calafate, e da assaggiare assolutamente, è infine il cioccolato, sia puro sia come base di una raffinata pasticceria.
Meritevole di una visita è il bel parco alberato che ospita la sede del Parque Nacional los Glaciares: oltre a una serie di pannelli illustrativi sulla geologia della zona, spicca il busto di Francisco Pascasio Moreno (1852-1919), lo scienziato, esploratore e naturalista che nel 1877 scoprì e studiò il ghiacciaio che fu poi battezzato con il suo nome. Devo dire che mi è sempre venuto da sorridere al sentire "ghiacciaio Perito Moreno", domandandomi se in Italia lo avremmo - analogamente - chiamato, ad esempio, "ghiacciaio geometra Scognamiglio". In realtà, l'attribuzione di "perito" ha il senso di "esperto", in quanto il più autorevole studioso di quell'area geografica.
Si fa così l'ora di cena, quanto mai gradita in quanto abbiamo in pancia solo la colazione di Ushuaia e un simil-sandwich offerto da Aerolineas Argentinas. Andiamo a colpo sicuro seguendo il consiglio di viaggiatori che ci hanno preceduto: “La Tablita”, in Avenida Coronel Rosales 28, fa onore alla propria fama ed è impossibile fare una graduatoria fra la strepitosa parrilla di carni miste, il memorabile Malbec Santa Julia delle Cantine Zuccardi di Mendoza e lo squisito gelato al Calafate. Spesa totale (in tre) 75 euro. Voto 9.

Sabato 17 gennaio
E' la giornata della navigazione sul Lago Argentino, una delle più attese del viaggio. Il cielo è sereno, anche se di tanto in tanto si formeranno addensamenti nuvolosi.
Alle 7 il pullman dell'organizzazione ci preleva davanti al nostro hotel: siamo i primi, essendo la sede della Fernandez Campbell ubicata a breve distanza. Caricati gli altri clienti dai diversi alberghi cittadini, percorriamo la strada che costeggia la riva meridionale del Lago Argentino fino a raggiungere Punta Bandera, sede della Prefectura Naval e molo di partenza delle crociere al quale sono attraccati vari battelli: noi siamo destinati al Chonek, uno dei sette catamarani della Compagnia e gemello del Nueva Leòn, che può ospitare 220 passeggeri su una lunghezza di 31 metri in due saloni sovrapposti con accesso ai due ponti di prua e di poppa.
Pagati i 60 pesos (18 euro) di ingresso al Parco, salpiamo alle 9 puntando alla Boca del Diablo (o del Infierno), una strettoia fra due opposte penisolette che immette nel più ampio Brazo Norte. Si comincia a vedere qualche sparuto iceberg, al che è tutto un frenetico accalcarsi di fotografi alle paratie; consiglio di lasciar perdere, al pensiero di questi ci verrà da ridere quando il battello si farà largo fra ben altri colossi!
Prima meta, al termine del Brazo omonimo, è il fronte del ghiacciaio Uppsala, il più esteso del Hielo Patagonico Continental con una superficie di 595 kmq. Altre misure: 60 km di lunghezza, larghezza fra i 5 e i 7 km., altezza delle pareti fra i 60 e gli 80 metri, profondità del lago alla sua base circa 1000 metri.
Sùbito un altro consiglio, inutile precipitarsi da un lato all'altro del catamarano per scattare foto o videoriprese: il timoniere e il capitano conoscono il loro mestiere e spostano più volte l'imbarcazione lungo il fronte dei ghiacciai avvicinandosi quanto le norme di sicurezza lo consentano e presentandogli di volta in volta il babordo e il tribordo per dare a tutti un quadro il più possibile esauriente dello straordinario spettacolo.
Lo scenario lascia senza fiato: il fronte del ghiacciaio è una sequenza di torrioni, pinnacoli, guglie, fessure, cavità modellati in un'infinità di forme che, a seconda delle condizioni meteo, offrono tutte le immaginabili sfumature che vanno dal bianco al blu scuro: ciò è dovuto infatti, oltre che al grado di compattezza del ghiaccio, anche alla rifrazione della luce, differente a seconda delle ore del giorno e della presenza o meno del sole.
Il tutto, sullo sfondo di scricchiolii di assestamento che, essendo simili a gemiti, danno la sensazione di trovarsi al cospetto di un'entità viva.
Ripercorso a ritroso il Brazo Uppsala, si imbocca il quasi dirimpettaio Brazo Spegazzini che si estende fino al ghiacciaio omonimo: sebbene esteso per un decimo dell'Uppsala, è questo il ghiacciaio più alto del Parco, con il fronte che si eleva fra gli 80 e i 135 metri.
Intanto è andata crescendo la quantità di icebergs, così come le dimensioni e la varietà di forme che in certi casi sembrano opera di un artista: i piloti procedono con destrezza in questo labirinto acqueo, in un susseguirsi ininterrotto di scorci sempre nuovi e suggestivi.
A causa di difficoltà di raggiungere l'attracco, non è attualmente possibile lo sbarco alla Bahia Onelli con relativa passeggiata fino all'omonima laguna in cui confluiscono i ghiacciai Onelli, Bolado e Agassiz. Però l'organizzazione non ci delude, e usciti dal Brazo Norte attraverso la Boca del Diablo, ci immettiamo nel Canal de los Tèmpanos: il nome è eloquente (tèmpano significa iceberg) e navighiamo nel cuore di una spettacolare concentrazione di blocchi di ghiaccio di ogni forma e dimensione. Ciliegina sulla torta, il canale ha termine davanti al Perito Moreno, del quale possiamo ammirare il fronte nord, ideale completamento di quanto vedremo domani.
Sbarchiamo a Punta Bandera alle 16,40 dopo quasi otto ore di navigazione che ci hanno regalato scenari indimenticabili e intense emozioni: decisamente, abbiamo speso bene i nostri soldi.
Sulla via del ritorno a El Calafate, possiamo apprezzare tutte le tonalità di azzurro del Lago Argentino al tramonto, tanto più che l'autista effettua sapientemente una sosta su un tornante leggermente elevato per consentire le foto e le riprese di rito.
Per la cena, ci orientiamo su un altro dei ristoranti consigliati, il “Casimiro Biguà”, Avenida del Libertador 963, forse il più quotato della città. Non possiamo dire di uscirne insoddisfatti, ma va detto che con la stessa spesa della "Tablita" (75 euro in tre) mangiamo leggermente meno bene e un po' meno abbondante; anche il servizio, per quanto impeccabile, è un po' troppo distaccato e lezioso per i nostri gusti. Voto 8-.

Domenica 18 gennaio
A una valutazione superficiale, si potrebbe supporre che effettuare entrambe le gite "classiche" al Parque Nacional los Glaciares sia eccessivo: in fondo, navigare quasi otto ore sul lago con infinite prospettive su ghiacciai, fiordi, montagne, icebergs di ogni forma e misura, dovrebbe dare un'idea piuttosto completa delle caratteristiche ambientali del Parco, no?
Sbagliato. L'esperienza non può essere considerata esauriente senza ammirare, dopo quelli dal livello del lago, gli scenari dalla terraferma.
Eccoci quindi nuovamente sul pullman che da El Calafate prende le mosse in direzione ovest. Coperti 40 km in comune con l'itinerario di ieri, svoltiamo a sinistra fino a trovarci in breve sulla riva nord del Brazo Rico che costeggiamo per una trentina di km fino a sostare per qualche minuto a un mirador che offre una vista d'insieme del - per quanto ancora lontano - fronte sud del Perito Moreno.
Poco oltre, i pullman fanno tappa a Puerto Bajo de las Sombras, il molo da cui si può effettuare una navigazione di circa un'ora fino in prossimità del ghiacciaio. L'opzione, del costo di 70 pesos (16 euro), è facoltativa ma in pratica tutti vi aderiscono.
Anche di questo non ci pentiamo: il catamarano della compagnia "Hielo y Aventura" raggiunge la "muraglia" terminale del Perito Moreno, che costeggia su tutta l'ampiezza in entrambi i sensi consentendo di ammirare una vera e propria architettura naturale che nessun uomo sarebbe in grado di imitare.
Tornati al pullman, impieghiamo una decina di minuti a raggiungere il parcheggio e l'entrata del Parco. Pagato nuovamente l'ingresso (il biglietto vale un solo giorno), disponiamo di quattro ore: il tempo è ampiamente sufficiente per l'escursione lungo le passerelle con soste contemplative a tutte le piazzole panoramiche e per lo spuntino, che ciascuno può scegliere di consumare al sacco o al self service della caffetteria/shopping.
Il Perito Moreno, "star" indiscussa della Patagonia per le peculiarità descritte nella parte iniziale, è veramente una delle meraviglie (insieme, ad esempio, al Grand Canyon, alla Monument Valley, alle Piramidi d'Egitto, ad Ayers Rock in Australia, a Machu Picchu in Perù, ad Angkor in Cambogia, alle cascate di Iguazù - stiamo arrivando! - ecc.) che ogni viaggiatore dovrebbe vedere almeno una volta nella vita.
Esteso su 195 kmq, ha una lunghezza di 30 km., altezza media di 60 metri, fronte fra i 4 e i 5 km. Dopo averlo visto - al pari degli altri ghiacciai - dalla superficie del lago, l'irrinunciabile completamento della conoscenza del luogo è la stupefacente visuale dalle passerelle, che si sviluppano in mezzo alla tipica vegetazione patagonica: infatti, in particolare dai camminamenti più alti al livello del centro visite, si può finalmente capire che cosa c'è "dietro" e "sopra" il muro di ghiaccio, una sconfinata distesa incredibilmente compatta e caotica di aguzzi pinnacoli che digradano da montagne nerastre solcate da pendii innevati e ghiacciai minori confluenti nel principale.
Difficile spendere altre parole per descrivere la grandiosità dello spettacolo: molto meglio parlano le numerose immagini allegate al resoconto.
Inutile dire che stiamo con la vista e l'udito bene all'erta nella speranza di assistere a qualche crollo ma, anche se sono ben evidenti due tunnel che l'acqua ha cominciato a scavare, l'attività di "Sua Maestà" si limita al distacco di piccoli blocchi che vanno ad aggiungersi allo strato di quelli che galleggiano alle base.
Anche se lo abbiamo ormai visto in lungo e in largo, è con vero rammarico che, puntuali all'appuntamento delle 15,30, torniamo al pullman. Presa la strada per El Calafate, continuiamo ripetutamente a voltarci per imprimere il più a lungo nei nostri sensi le ultime immagini delle meraviglie che hanno riempito due giorni della nostra vita.
C'è il tempo per un'ultima passeggiata (anche se ce ne sarà un'altra per il momento non prevista, come vedremo nel prosieguo del diario) lungo la sempre piacevole Avenida del Libertador, finché arriva l'ora di cena per la quale stasera ci indirizziamo su "Mi Viejo" al 1111 della via: buono il "bife de lomo" (filetto), familiare l'ambientazione, leggero il conto (58 euro complessivi). Voto 7½.

Lunedì 19 gennaio
Già di buon mattino comincia a piovere a dirotto: è uno dei rari casi in questo viaggio, ma al momento meno opportuno. Pur essendo l'Hosteria Austral a breve distanza dal terminal delle autocorriere, ci sembra il caso di chiamare un taxi: altro esempio di correttezza degli autisti, spendiamo la ridicola cifra di 90 centesimi di peso (euro 0,20), segno che non viene addebitato un fisso di partenza.
Il pullman della Cootra è moderno e confortevole: c'è la toilette a bordo, la climatizzazione è tarata al meglio, si parte alle 8,30 in perfetto orario. Ottime premesse per il trasferimento a Puerto Natales: fra 335 km e 5 ore saremo in Cile, un Paese che, nonostante quattro soli giorni di permanenza, ci regalerà profonde emozioni e tanta voglia di tornare.
Vi racconteremo tutto nella quarta parte del resoconto, sempre su Ci Sono Stato, claro que sì!

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