Viaggio in Uganda

Una bella esperienza africana, con il “fiore all’occhiello” dell’avvistamento dei famosi gorilla di montagna!

Finalmente si parte!
Il 20/2/2008 alle 6.00 prendo il volo per Amsterdam che mi porterà a salire sul secondo aereo per la tratta del viaggio più lunga (8 ore) che arriverà ad Entebbe. Tante ore di volo… che palle! La sofferenza viene lenita dalla voglia di arrivare a destinazione e coronare il sogno tante volte accarezzato: vedere i gorilla di montagna, i famosi Silver Back!All’aereoporto c’è Pilù (Pierluigi - ragazzo italiano) e Tom (guida-autista ugandese) con il loro Toyota Land Cruiser. Stanchi si va a dormire in un albergo a pochi Km di distanza, già sulla strada che l’indomani prenderemo per l’inizio del nostro tour.
Strada? No, ma quale strada… uno sterrato continuo da far venire i calli al culo come le scimmie! Comunque… si parte alle 8.30 in direzione Murchison Falls, si passa per il caotico traffico di Kampala e si arriva a Para, dopo diverse ore di un misto fra asfalto (poco) e sterrati. Più si va verso il parco nazionale delle cascate (nord-ovest) e più aumenta il caldo umido che di giorno è sopportabile ma di notte in camera non fa dormire e per 2 notti sarà così.
Appena arrivati alle Murchison Falls si vanno a visitare le cascate via terra, percorrendo un breve percorso sulla cresta della collina che fiancheggia la cascata e poi un altro che arriva quasi a contatto delle acque del fiume che si gettano nel salto di circa 70 mt. Oltre all’originario salto che il Nilo fa nel formare la cascata, circa 10 anni fa, si è aperto un nuovo fronte di caduta a circa 100-150 di distanza dal primo e parallelo ad esso, così ora la cascata si è arricchita di un secondo spettacolare turbinio di acque in caduta libera. Ad essere sinceri, mi aspettavo qualcosa di più imponente, forse perché venivo dalle precedenti cascate che avevo visto e cioè le cascate Vittoria dal lato dello Zambia.
Stanchi del tragitto durato tutto il giorno, si va al nostro lodge che è al di là del fiume e ci traghetta una chiatta sull’altra sponda in pochi minuti (una piattaforma di ferro con 2 motori di trattore come propulsore, capace di portare circa 8-10 mezzi più le persone a piedi). Si cena e poi a nanna.
La mattina successiva ci si imbarca per una risalita del fiume (che poi sfocierà nel lago Alberto dopo aver prodotto le cascate) fino a qualche centinaio di metri dal salto delle Murchison Falls. Durante il tragitto di circa 2 ore, le sponde del corso d’acqua sono abitate da uccelli acquatici, ippopotami, coccodrilli, elefanti, antilopi che a più riprese si possono vedere, fotografare e filmare. Si torna al tramonto al lodge e si passa la seconda notte.
L’indomani, colazione e giornata di trasferimento per il parco nazionale Kibale, passando per Hoima, Kagadi e quindi Fort Portal, si prosegue poi per il lago Nyinabulitwa dove si pernotterà per 2 notti in una accomodation con vista sul lago, molto particolare e davvero bella. Il posto è tranquillo e ricco di vegetazione ed è a gestione quasi familiare con proprietaria una donna ugandese di origini indiane. Proprio davanti alla porta della stanza assegnata, che sta circa 15 mt dal livello dell’acqua, si apre il panorama del piccolo lago con tutte le sponde verdi per la ricchezza di vegetazione. Un albero sul pendio, fra la stanza ed il lago, completamente fiorito di vividi fiori rosso-arancio, fa da dimora ad un nido di una coppia di uccelli col loro piccolo. Il tramonto è splendido!
L’indomani alle 8.00 dopo aver fatto colazione, siamo all’ingresso del parco Kibale per il trekking nella foresta alla ricerca degli scimpanze.
Arrivati all’ingresso del parco un ranger ha il compito di darci le istruzioni sul comportamento da seguire durante l’escursione. Si dividono i gruppi di persone fra i vari ranger-guida e ci si immerge nel verde fitto degli alberi e del sottobosco. C’è una bella temperatura ed il terreno è quasi tutto in piano con qualche dislivello non troppo impegnativo. La foresta è silenziosa fino a che non si sentono in lontananza i primi schiamazzi degli scimpanze, sono davvero dei campioni in queste cose. La guida seguendo le grida sempre più vicine, ci porta fin sotto gli alberi dove sono le scimmie. Strada facendo ne incontriamo una a terra che riusciamo ad avvicinare a circa 4 mt e che con fare fra il distratto e l’indifferente ogni tanto ci butta uno sguardo addosso, tanto per controllare cosa facciamo e poi dopo qualche minuto si allontana nel fitto del fogliame. Ci spostiamo fin sotto alcuni alberi altissimi, almeno 30 mt o forse più e vediamo altri scimpanzee che si spostano da un ramo all’altro, fanno chiasso, mangiano, giocano e buttano tutto di sotto, rami, foglie, frutti… e noi sotto a fotografare e filmare per buoni 45 minuti.
Durante il ritorno incontriamo ancora uno scimpanze a terra appena sceso dall’albero e che come l’altro si lascia riprendere per buoni 10 minuti e poi con fare tranquillo ci passa vicinissimo a 2 mt e si allontana. Rientriamo all’ingresso del parco, una bella bevuta, una pausa “tecnica” al bagno e quindi si rientra dopo circa 3 ore verso la nostra accomodation sul lago. Dopo una bella doccia e pranzo nel gazebo con vista sul lago, ci rilassiamo nelle nostre stanze e poi nel pomeriggio decidiamo di fare una gita in barca a remi sul lago. Due ragazzi ci portano sulla sponda di fronte per visitare la “casa sugli alberi”, un piccolo punto di osservazione fra la vegetazione, dove una sorta di palafitta si erge a circa 7-8 mt dalla riva del lago. Avvistiamo qualche scimmia e qualche uccello e poi torniamo in barca, facendo il periplo completo dello specchio d’acqua, osservando aquile pescatrici ed altri uccelli acquatici, infine si rientra alla base. Cena e secondo pernottamento.
La mattina, dopo colazione si riparte per un’altra giornata di duro trasferimento verso il Queen Elisabeth National Park. A pranzo ci fermiamo presso una piccola struttura a gestione familiare la quale (avvertita con anticipo) ci prepara tutta una serie di piatti tipici locali, molto semplici, basati sul piatto base degli Ugandesi, il “matok” (una sorta di banane verdi da mangiare solo se cotte per ore) e su altre pietanze di natura vegetale, polenta, salse ed uno stufato di carne bovina, il tutto dopo aver bevuto un loro tè aromatizzato al limone.
Si riparte e si passa per Kisane costeggiando la catena delle montagne del Ruwenzori, invisibile alla vista per le perenni, o quasi, nebbie che le celano. Durante il tragitto si passa per piccoli centri abitati dove il turismo non esiste, dove si vedono persone di tutte le età, compresi bambini piccolissimi, che vagano senza apparente meta e che portano qualcosa che può essere una busta o una tannica gialla piena d’acqua. Molti sono in bicicletta con carichi pazzeschi di legna legata sopra, sacchi di carbone, matok e chissà cosa altro… in mezzo alla polvere rossa onnipresente che anche noi contribuiamo a produrre al passaggio del nostro Land Cruiser. Il culo è sempre più indolenzito ma anche se i Km da fare non sono molti, su queste strade “non strade” si perdono ore e ore.
Alla fine arriviamo all’ingresso del parco Q.E. e dopo le procedure burocratiche al posto di controllo, entriamo ed iniziamo una pista peggio di tutte quelle fatte fino a quel momento che spesso costeggia strapiombi su coni vulcanici a volte con specchi d’acqua e fra sali-scendi, in mezzo ad una vegetazione bruciata ed ancora fumante per gli incendi periodici controllati atti a rigenerare la vegetazione, si arriva al nostro lodge definito il più bello ci sia in Uganda e cioè al Mweya Lodge con splendida vista sul canale Kazinga che unisce i due laghi Giorgio ed Edward.
Una giusta e dovuta pausa di relax con il pranzo e poi nel pomeriggio gita in barca di 2 ore sul canale. Il battello parte lento e si dirige sulla sponda di fronte, arrivando a ridosso di un gruppo di ippopotami immersi nell’acqua mentre sulla sponda miriadi di uccelli acquatici multicolori rumoreggiano e poco più indietro, il crinale verdissimo di una collina che degrada verso le acque del canale. La barca scorre lentamente a pochi mt dalla riva e permette di vedere bene e da vicino tutti gli animali che popolano la zona: coccodrilli, bufali anch’essi spesso nell’acqua a rinfrescarsi, aquile pescatrici, aironi, cicogne, pellicani, cormorani, egrette, uccelli martello, anatre, martin pescatori, cavalieri d’Italia ecc ecc e poi la colonia di pescatori che vive in questa zona e che al tramonto partono con le loro barche a remi per la battuta di pesca alla tilapia, pesce di lago e cibo base per queste genti insieme al matok.
Il paesaggio è quasi fiabesco e se non ci fosse il vociare delle persone presenti ed i click degli scatti di chi fotografa, sembrerebbe un paradiso terrestre. Un’aquila pescatrice ci regala in diretta la scena di predazione di una tilapia e con gli artigli sul pesce si allontana per consumarla in santa pace. Mentre i pescatori si avviano remando verso l’uscita del canale e l’ingresso al lago per la battuta di pesca, noi rientriamo alla base di partenza e quindi poi al nostro lodge, vogliosi di una bella doccia, quindi una cena a lume di candela con vista sulle acque sottostanti la collina su cui sorge la struttura.
Dopo cena è in programma un safari notturno con un ranger locale armato di mitra (non per protezione verso gli animali ma per la presenza di bracconieri che di notte giraro nel parco). Col ranger seduto sul tettuccio dell’auto, il mitra sulle gambe ed una lampada in mano (sostituita per essersi fulminata dopo pochi minuti dalla partenza), iniziamo il safari e subito vediamo un gruppo di iene a pochi mt dall’auto, poi un leone maschio solitario, un ippopotamo e nulla più, non è molto ma comunque è stata una esperienza diversa ed eccitante innaffiata da giri di superalcolici usciti fuori all’improvviso dalle mani di Pilù! La stanchezza c’è, il sonno pure… allora si va a dormire e pensare all’indomani mattina quando si andrà nella gola di Kyambura per un altro trekking alla ricerca degli scimpanze.
Le aspettative erano molte ma alla fine la discesa nella gola è stata bellissima per la vegetazione incredibile del posto, verdissima, fitta, intricata ma degli scimpanze... solo i loro schiamazzi ed una fugace visione in alto su un ramo e poi più nulla. Dopo un'ora risaliamo i circa 20 mt di dislivello e siamo di nuovo fuori dalla gola, sudati e con poche immagini da ricordare.
Nel pomeriggio un safari nel parco intorno al lodge, dove incontriamo pochi animali ma in compenso qualcosa non facile da vedere e che è tipico di questo luogo, l’ilocero gigante delle foreste, un animale simile al facocero, più grande, scuro e dalla faccia da “diavolo”! Alcune rare e timide antilopi, un piccolo gruppo di elefanti e non molto altro. Si rientra per la seconda notte al lodge e l’indomani ancora una giornata dura di trasferimento verso il Bwindi Impenetrabile National Park, cioè: il parco dei gorilla!
La mattina dopo colazione Tom e Pilù caricano i bagagli ed inizia il lungo trasferimento, manco a dirlo le strade sono una chimera attraversando la foresta di Maramagambo. Ci spostiamo nella parte meridionale del Queen Elisabeth entrando nel parco di Ishasha, stupendo per colpo d’occhio, verde, ricco di alberi ma manca qualcosa… gli animali! Sono pochi e sparsi qua e là. La nostra guida ci dice che la scarsità di animali risale alle lunghe guerre tribali fra Uganda e Congo che per anni hanno martoriato il territorio. Vediamo delle leonesse che puntano un gruppo di bufali, i quali non perdono d’occhio il loro nemico; stessa cosa fanno le antilopi, queste si, abbastanza numerose ma sempre poche in un paradiso come questo. Speravamo di vedere i leoni arboricoli che sono la caratteristica di questo parco ma stavolta avevano deciso di stare a terra e sotto i cespugli al fresco, studiando come fare a procurarsi la cena!
Usciamo dal parco, dopo aver consumato un pranzo al sacco in compagnia di un babbuino che avrà modo di scroccare un paio di banane dai nostri lunch-pack. Riprendiamo il tragitto e, tanto per complicarci la vita, decidiamo di fare una strada particolarmente dissestata ma stupenda per il paesaggio che dire verde è poco! Attraversiamo una foresta con un punto più alto a circa 2.500 mt dove dicono esserci gli elefanti di foresta, ma in una vegetazione così fitta vederli sarebbe una cosa eccezionale. Un susseguirsi di scorci mozzafiato, colline verdi ricoperte di foresta pluviale oppure altre prive di vegetazione per far posto alle coltivazioni delle genti di questo territorio. Tutte coltivazioni arrampicate su pendii ripidi sfruttando tutta la terra disponibile, dalla base alla cima. L’immagine di colline che si susseguono una all’altra e che in lontananza si vedono come gobbe tondeggianti fino all’orizzonte, è uno spettacolo davvero impressionante a cui non siamo abituati. Si vede che la vegetazione è straripante di salute e che la terra deve essere straordinariamente fertile.
Di tanto in tanto incontriamo qualche persona, per lo più donne, con i loro carichi sulla testa. Ogni tanto una sosta per sgranchirsi le gambe o una foto o… la pipì e poi si risale sulla Toyota. Si esce dalla foresta scendendo un pò di altitudine, ma non molto, perché intorno ai 2.200 mt c’è il parco del Bwindi, dove arriviamo nel tardo pomeriggio dopo aver attraversato innumerevoli piantagioni di tè, matok, banane ed altro.
Le due notti che ci aspettano le passeremo in un campo tendato fisso abbarbicato su una collina ridotta in terrazze dove le tende e le strutture del posto sono situate, quindi si sale e si scende continuamente per andare da una parte all’altra. Esausti alla reception ci prendiamo qualcosa di caldo, ricarichiamo le batterie delle attrezzature foto-video e dopo poco prendiamo possesso della tenda, abbastanza comoda, col suo bagno e la sua veranda. Difronte a noi la collina più vicina sarà quella dove ci inoltreremo l’indomani mattina per andare a trovare il “Silver back” Mubare e la sua famiglia, almeno speriamo! La sera la temperatura scende ed è meglio mettersi qualcosa a maniche lunghe ma il problema è l’umidità elevate che ti entra nelle ossa ed anche a letto sotto il piumone si fa sentire.
Suona la sveglia, alle 7.30 siamo pronti per la colazione, alle 7.50 si dirigiamo a piedi, poche centinaia di mt, al punto di riunione del parco, dove un ranger spiega cosa faremo quella mattina, i comportamenti da tenere coi gorilla e quant’altro utile per questo trekking molto speciale ed eccitante. I gruppi sono 3 con massimo 8 partecipanti più un ranger, un militare armato avanti ed uno in coda, più eventuali portatori per chi vuole farsi aiutare, a soli 10 dollari… soldi santi e benedetti che mai furono così ben spesi! Io ne prendo uno e con l’aiuto di un bastone, ci mettiamo in moto, portandoci appresso l’acqua e la borsa fotografica. Si va verso la collina di fronte, attraversando un piccolo ruscello su un ponte di legno. L’inizio è “soft”, si cammina quasi in piano per alcuni minuti anche se l’intrigo di vegetazione è fitto e l’uso del macete a volte è utile per aprirsi meglio la strada, cosa che la nostra guida ogni tanto fa. Si cammina su un tappeto di vegetazione soffice e foglie che ricopre il fondo della foresta, un humus umido e spesso percorso da rivoli d’acqua e pietrisco. Si deve fare attenzione, si scivola con facilità se allenti la tensione!
Ogni tanto si accelera il passo, quando dobbiamo scavalcare una colonna di formiche che attraversa la nostra strada. Sono terribili, se ci metti un piede sopra, te le ritrovi addosso in un attimo e mordono… eccome se mordono! Per circa 30 minuti è una passeggiata abbastanza facile, poi si inizia a salire lungo la collina, si inizia anche a sudare, non fa caldo ma l’umidità mista alla fatica si fa sentire. Ogni tanto i piedi perdono aderenza e qualche scivolata la fanno quasi tutti, compreso il ranger che ci guida ed i portatori. Quando serve, il mio aiutante o mi tira o mi spinge da dietro per superare i passaggi critici.
Si fanno delle pause per compattare la fila indiana che abbiamo creato e per riprendere fiato. Il ranger ogni tanto parla alla sua radio, credo per comunicare la nostra posizione alla base. Fra turisti ed accompagnatori del parco siamo 13 persone (di cui 6 turisti). La fatica si fa sempre più sentire e l’idea che potrebbero passare anche ore prima di trovarli non da certo forza alle gambe! Fino a 7 ore la ricerca può andare avanti! Spero tanto non vada a finire così! La fortuna ci viene in aiuto e dopo 1 ora e 10 minuti ci fermiamo, la guida ci dice di lasciare i bastoni, prendere la camera e guardare qualche mt sopra le nostre teste: i gorilla sono lì sopra di noi! Se ne vedono due nell’ombra fra le foglie, sono a qualche mt di distanza uno dall’altro. Che emozione! Facciamo altri 5-6 metri di pendio ripido e scivoloso e siamo alla loro altezza. Nel salire mi cede il terreno sotto il piede sinistro e mi distorco la caviglia ma non importa ormai siamo arrivati. Uno sta seduto e ci guarda, l’altro dalla parte opposta si muove fra le foglie. Si rimane in gruppo, in silenzio e ci si affanna, ma con calma, per scattare o riprendere immagini. Il ranger ci indica in alto sui rami, ce ne sono altri 3 fra cui dei giovani gorilla. Purtroppo siamo in controluce e poi il versante della collina in cui siamo è in ombra! Per fare le foto non è semplice, meglio chi ha la videocamera. Il tempo vola, il ranger ci indica il Silver back Mubare che seduto a fianco di un tronco ci osserva con attenzione ed insistenza, a volte guarda altrove ma di sicuro non perde una mossa da parte nostra. Ogni tanto si sposta e non sempre è ben visibile. Intanto alle nostre spalle, 3 gorilla giovani si sono messi vicini a riparo di larghe foglie, uno si sdraia, l’altro sgranocchia un ramoscello e il terzo ozia. Il Silver back intanto si sposta e ce lo vediamo passare davanti un paio di mt sotto di noi, tutta la sua schiena dorata si vede benissimo, come pure la grande testa a pera.
Il tempo passa… ce lo ricorda il ranger che al massimo per 1 ora ci farà restare insieme a queste splendide e pacifiche creature. La stanchezza non si sente più e tutti cercano di trovare il modo migliore per poter immortalare al meglio le immagini che si spera vengano bene, perché qui… non è facile tornare un’altra volta! Vedere gli occhi profondi, quasi umani che si incrociano, i nostri ed i loro è emozionante! Chissà cosa pensano, come ci vedono, verrebbe voglia di andargli incontro ed avere un contatto fisico, ma ovviamente non è possibile per ovvi motivi. Il cielo che si intravede fra la vegetazione, alterna momenti di azzurro a cupe nuvole.
La guida ci dice che è ora di rientrare ma nessuno si muove da dove è, credo che tutti pensino la stessa cosa: restiamo ancora un po’! Non è possibile e così si inizia la discesa della collina per via direttissima, non più con un percorso a zig-zag ma dritto per dritto. Il pendio è tremendamente scivoloso e malgrado gli scarponcini da trekking si rischia di cadere… ed io cado di culo solo per un attimo! Il mio portatore mi aiuta mettendo il suo piede contro il pendio così da farmi appoggiare il mio sul suo e ripetendo la cosa fino a che non sia possibile andare da soli. Le gambe un po’ si irrigidiscono per la fatica (specie la mia sinistra reduce dalla parziale rottura muscolare alla coscia), intanto inizia a piovere e fra sudore ed acqua piovana ci si bagna persino le mutande e i piedi sono a mollo!
Finalmente il pendio diventa meno ripido ed il sottobosco oramai completamente inzuppato dalla pioggia fa si che le nostre scarpe affondino nella terra rossa o fra i rivoli d’acqua che scorrono da tutte le parti. Si esce dalla foresta, si guada un piccolo fiume e si va dall’altra parte, cioè da dove siamo partiti e sfiniti sotto la pioggia che intanto è diminuita, torniamo all’ingresso del parco dove sotto un gazebo le guide ci regalano un attestato di partecipazione al trekking con i gorilla del Bwindi.
Si rientra al campo tendato bagnati come pulcini ma contenti di aver fatto questa esperienza, una cosa unica che poche persone fanno considerando che non possono entrare più di 3 gruppi da 8 turisti al giorno per tutto l’anno, quindi poche centinaia di visitatori. Una bella doccia, un tè o caffè caldo in veranda e poi relax, poi il pranzo e nel pomeriggio un giro nei negozietti che sono sulla strada, l’unica per chi arriva al Bwindi e deve raggiungere il parco. Sono piccoli locali in legno, umili e tutti con la stessa merce vale a dire: gorilla in legno, maschere, t-shirt, piccoli oggetti in legno ecc ecc. La sera cena e poi a letto presto, la stanchezza ci ricorda che è meglio fare un bel sonno ristoratore.
Al mattino abbiamo le ossa a pezzi e la mia caviglia mi fa ricordare la distorsione del giorno prima. Facciamo colazione e partiamo per il lago Bunyonyl presso la città di Kabale. Un posto splendido, un bel colpo d’occhio, un grande lago con molte diramazioni e numerose isole, piccole e grandi. Si pranza (una pessima pizza locale), si fa una doccia e nel pomeriggio con una barca a motore, si raggiunge dopo circa 1 ora di navigazione, un piccolo villaggio di pigmei con poche capanne, persone estirpate dalla foresta e considerate mezzi-uomini mezzi-animali dalla popolazione ugandese, esiliati in un luogo remoto dove per vivere hanno bisogno anche degli aiuti esterni di chi porta loro del cibo! Non si può dire siamo belli… di certo hanno fatto la fine degli indiani d’America. Danzano per noi per qualche minuto e poi ci offrono la loro semplice mercanzia per racimolare qualche soldo.
Durante il tragitto per arrivare alle loro capanne ed al ritorno, uno stuolo di bambini ci scorta, incuriositi dal nostro aspetto e sperando di rimediare qualcosa da noi, qualunque essa sia. Rientriamo al tramonto e passiamo la notte in una stanza con vista sul lago ed al mattino si riparte per Entebbe dove ci aspetta l’ultima tappa del nostro tour, vale a dire la visita dell’isola di Ngamba sul lago Vittoria, in cui vive una colonia di scimpanzee libera nella foresta ma che è seguita da una fondazione che li protegge e li accudisce quando serve.
Dormiamo ad Entebbe (in un posto davvero poco raccomandabile per confort) ed un mattino nuvoloso e piovoso ci aspetta per andare sull’isola. Si parte in ritardo rispetto al programma ed il lago e piuttosto mosso all’inizio, sulla barca veloce che usiamo per la traversata di circa 45 minuti, si balla parecchio, anzi si sbatte come pazzi! Colui che la guida forse pensava di essere ad una gara di off-shore! A ridosso dell’isola le acque si calmano e raggiunto il piccolo molo scendiamo a terra. Dopo una veloce riunione con i ranger ed una pausa per bere qualcosa, ci portano su una passerella in legno a qualche mt da terra, così da poter osservare gli scimpanzee che escono dalla foresta e si avvicinano a noi (protetti da un perimetro recintato) in quanto sanno che qualcuno gli darà del cibo (carote, frutta e verdura). Urlano, corrono, giocano, litigano fino a che il cibo non li mette tutti d’accordo e pian piano se ne tornano fra gli alberi a consumare ciò che avidamente hanno raccolto.
Si ritorna indietro ed un gazebo con dei souvenir ci invita a spendere qualcosa per ricordo. Si rientra ad Entebbe col mare calmo ed il sole che alla fine è uscito nel cielo. Ormai il viaggio è finito, resta il pranzo in un lussuoso albergo sul lago e in serata l’aereoporto di Entebbe, è l’inizio del nostro viaggio di rientro in Italia.

Un commento in “Viaggio in Uganda
  1. Avatar commento
    LEONESSA49
    05/07/2008 21:34

    bene. bravo- complimenti

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