Perù "curioso": la ceramica erotica Moche

Un lato insospettato della storia del grande Paese andino

Peni turgidi, vulve aperte pronte ad accogliere l’organo maschile, masturbazioni, coito anale non omosessuale… ma chi erano i Moche? Persone depravate, lussuriose, dedite al culto del sesso, decadenti?
La cultura Moche o Mochica si sviluppò principalmente lungo la costa del Perù, all’incirca tra il 100 a.C. e il 750 d.C.
La società era rigida e gerarchizzata con quattro classi sociali distinte. Al livello più alto erano collocati i sacerdoti guerrieri o principi regnanti che avevano l’assoluto controllo della popolazione, seguivano gli artigiani specializzati, il popolo e gli schiavi, quasi sempre prigionieri di guerra.
Artisti raffinati, i Moche eccellevano nella ceramica e nella metallurgia. Quasi tutti i reperti scoperti fino ad oggi provengono da tombe, tutte saccheggiate dagli huaqueros ad esclusione dello splendido sepolcro del Señor de Sipán.
Le più belle ceramiche avevano funzione cerimoniale ed erano dipinte di rosso e bianco, con varie sfumature, prima della cottura nei forni. Gli artigiani moche producevano recipienti con manici a staffa, fioriere, statuine antropomorfe e zoomorfe raffiguranti divinità o le sembianze dei principi, ma anche una vasta gamma di ceramiche erotiche in connessione, pare, con il culto dei morti. Ciò che è certo è che le ceramiche erotiche, che pure rappresentano solo l’1% della produzione, appaiono in quasi tutte le tombe, sia di adulti, sia di adolescenti e fanciulli.

Non è chiara la relazione esistente fra le raffigurazioni erotiche e la cultura Mochica; alcuni studiosi associano questo tipo di produzione al decadimento culturale, altri individuano uno scopo moralizzatore o religioso e altri ancora un’arte umoristica.
Un’ipotesi plausibile è che le rappresentazioni sessuali fossero in relazione con la fecondità, ma ci sorge un dubbio. Non sono molte, infatti, le scene di coito naturale, comunque parecchio inferiori a quelle di onanismo e sodomia che poco hanno a che vedere con il tema della riproduzione e, di conseguenza, della fecondità.
Studiando le ceramiche e le pitture, appare chiaro che i Moche condannavano la lussuria come un abominevole delitto. Esistono rappresentazioni inequivocabili che parlano di torture inflitte ai colpevoli; in una di queste appare un uomo nudo e disteso mentre uccelli predatori si accaniscono contro l’organo genitale. Anche in questo caso, però, esiste un’incongruenza: il pene è eretto a testimoniare l’eccitazione del soggetto, in evidente contrasto con la poco felice situazione.
In un’altra ceramica, una donna incinta è legata mani e piedi e il collo stretto in una morsa; il forte dolore provoca l’aborto della torturata, punita probabilmente per aver commesso adulterio.
La legge moche prevedeva pene crudeli contro i delitti sessuali: i colpevoli erano legati a tronchi d’albero e scorticati prima di essere lapidati.

I Mochica credevano in una vita ultraterrena; le ceramiche erotiche funerarie potrebbero essere l’espressione di un’esistenza oltre la morte, dove i piaceri sessuali avrebbero avuto seguito. Sono frequenti le rappresentazioni di scheletri che fanno all’amore, si masturbano a vicenda, si eccitano e scene di orge fra due uomini e una donna o fra due donne e un uomo. Il maschio appare sempre ben vestito, mentre la femmina è addobbata umilmente, ma l’uomo ha i lineamenti sciupati, in cambio la donna è florida e fresca; sono forse segnali della supremazia maschile e al contempo di dissolutezza dell’uomo che lo conduce ad un prematuro invecchiamento.

Parecchie ceramiche ci forniscono il segno evidente del senso umoristico di questa popolazione; alcune bottiglie sono rappresentazioni di grossi falli e chi beve è costretto a servirsi dell’unica apertura, il glande. Altri oggetti riproducono enormi vulve spalancate, nell’atto di accogliere altrettanti grossi falli dalle dimensioni spropositate; una sorta di dissacrazione dell’atto sessuale.
L’elemento dominante della ceramica erotica, tuttavia, è di natura religiosa. Le due principali divinità Moche sono il dio giaguaro, Aia Paec, simbolo della terra, e il rospo, rappresentazione dell’acqua. Il loro accoppiamento è rappresentato di frequente; dall’unione divina nasce un essere dalle sembianze di rospo con le orecchie di giaguaro, il dio delle attività agricole perché sintesi di terra e acqua.

In conclusione, le ceramiche erotiche non sono riconducibili alla dissolutezza dei costumi, ma con ogni probabilità al desiderio di una società evoluta, quale la Moche, di riprodurre il riproducibile per raccontare, attraverso forme artistiche di eccellente fattura, la vita di un popolo del quale ancora troppo poco si conosce.

Le foto sono gentilmente offerte dall'ente Nazionale del Turismo, Promperù

Un commento in “Perù “curioso”: la ceramica erotica Moche
  1. Avatar commento
    dikqtyn jbmnqf
    30/08/2007 07:08

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