Tunisia: oasi e deserto

A contatto con le suggestioni dell’Africa a noi più vicina

La scorsa estate, durante le ferie, abbiamo conosciuto due simpatici motociclisti, Walter e Fulvio, che si stavano recando con le loro moto il primo in Cina, ed il secondo in Turchia (come noi). Con i loro racconti di viaggio ci hanno fatto nascere la curiosità di tentare un'avventura nel deserto per scoprire, come dicevano loro, “la magia delle sabbie”.
“Non occorre molto tempo, una settimana vi basta per fare una prima esperienza…” ci dicevano “…certo, andando da soli non potrete inoltrarvi nel deserto, sarebbe da incoscienti e troppo pericoloso, ma di certo potrete affrontarne alcuni tratti e conoscere nuove emozioni di viaggio… è sufficiente andare in Tunisia, che non è poi così lontana”.
L’Africa, il deserto, le sabbie… non si può certo rimanere indifferenti a luoghi che nel mio immaginario ho sempre ritenuto essere troppo lontani e fantastici per essere reali, e che fin da bambino hanno stimolato i miei sogni… ma Walter e Fulvio sostenevano che quei posti non erano così irraggiungibili, anzi, tutto sommato, ci si poteva arrivare abbastanza facilmente.
Siccome i nostri interlocutori ci parevano essere tutt’altro che degli sprovveduti, appena rientrati dalle ferie (nell’estate del 2004) ci siamo subito mossi per raccogliere maggiori informazioni sia su come raggiungere il deserto che per capire quali impegni in termini sia economici che di tempo sarebbero serviti.

Non nascondo la gioia di quando abbiamo scoperto che in sole 24 ore un traghetto ci avrebbe trasportato in Africa: era sufficiente raggiungere Genova in moto per imbarcarsi. Saremmo sbarcati a Tunisi, da lì con soli 500 chilometri di strada si arrivava direttamente al Sahara.
Abbiamo organizzato il tutto, chiesto le ferie, prenotato un traghetto (ci sono più compagnie che effettuano la tratta Genova-Tunisi con partenze in giorni differenti, pertanto è possibile scegliere quella che meglio soddisfa le proprie esigenze), preparato la moto per il viaggio (con l’immancabile appoggio del mio babbo) e grazie all’aiuto di Katja e Fabio ci siamo attrezzati con il giusto abbigliamento invernale.

Moto: Kawasaki KLR 650
Equipaggio: Carlo e Jana16 Febbraio 2005, il traghetto parte da Genova il pomeriggio alle 18.00. Per fortuna oggi non piove, anzi c’è pure un bel sole, ma il freddo è tremendo!
Durante la traversata trascorriamo il nostro tempo con un simpatico pensionato piemontese che sta andando in Tunisia con la sua Fiat Tipo per fare un giro turistico e rivedere le persone che aveva conosciuto l’anno prima.
Sbarchiamo a Tunisi la sera dopo che è quasi buio. Uscire dalla dogana è una mezza avventura, soprattutto a causa dei doganieri che, corrotti, ti chiedono denaro per evitarti di avere noie e perdite di tempo.
Capiamo subito che deve essere un’abitudine diffusa, così ci limitiamo a tirare un po’ sul prezzo (anche qui si contratta) poiché il tempo fuori non è dei migliori e vogliamo trovare un albergo prima che venga buio, riusciamo a cavarcela con 20 Euro (il capo dogana ne aveva chiesti 50… fa una gran rabbia che vogliano soldi per fare il proprio dovere, ma non possiamo nemmeno denunciare la cosa visto che è proprio il capo delle guardie che gestisce i traffici).
Prendiamo qualche goccia di pioggia nel tratto di autostrada (l’unica di tutta la Tunisia) che collega Tunisi ad Hammamet, dove ci fermiamo per la notte.

TATAUINE E GLI KSOUR
La mattina partiamo alla volta di Tatauine, città famosa perché punto di partenza per la visita agli ksour (granai fortificati). Arriviamo nel pomeriggio e troviamo subito un albergo per la notte; siamo nella città più a Sud del nostro viaggio.
Gli ksour (singolare ksar) sono dei granai fortificati costituiti da tante stanze (ghorfa) coperte con una volta. Le ghorfa si sovrappongono l’una all’altra sino a realizzare delle cortine edificate alte anche quattro piani (quattro ghorfa sovrapposte). Queste cortine si chiudono attorno ad una piazza centrale. Le aperture di accesso alle celle sono tutte rivolte verso la corte centrale, mostrando in questo modo all’esterno solo una muratura piena: insomma si tratta di una sorta di fortino.
Improbabili scalette in muratura consentono l’accesso alle ghorfa più alte. Abbiamo notato dei rami che fuoriesconoo dal tetto dei piani più alti: secondo noi servivano come aggancio per gli argani usati per sollevare il grano che veniva poi depositato all’interno di grandi otri murate nei pavimenti delle ghorfa.
Non sono riuscito a capire da dove provenisse il grano, per tutto il viaggio non abbiamo mai incontrato coltivazioni del genere; per carità… tantissimi palmeti, frutteti ed orti ma del grano nemmeno la traccia… forse per questo era un bene tanto prezioso.
Ogni città e paese ha il proprio ksar. Sicuramente vale la pena visitare quelli più turistici (ampiamente indicati in qualsiasi guida) che in effetti sono i più fotografati proprio perché i più belli.
E’ però molto interessante fare anche due passi negli ksour “non turistici”. E’ molto particolare infatti vedere come parte di queste strutture vengano oggigiorno ancora utilizzate nella vita quotidiana, certo non più come granai, ma come depositi, piccoli laboratori, parti di abitazioni.
Consiglio di andare a vedere Ezzara, dove la corte di uno degli ksar presenti è diventata una delle piazze principali dell’abitato: è un ambiente davvero particolare e suggestivo (seppure non citato dalle guide turistiche che avevamo con noi). Visitandolo abbiamo scoperto che poco tempo prima era stato utilizzato per realizzare un servizio fotografico per alcune ragazze che avrebbero partecipato a miss mondo 2005.
La sera e si torna in albergo a Tatauine: domani si parte per Ksar Ghilane!

KSAR GHILANE
Si tratta di un'oasi (con il suo immancabile ksar) posta all’interno dell’Erg Orientale, cioè tra le sabbie del Sahara… seppure solo al suo inizio.
Siamo esaltati, per noi è la prima volta che si va nel deserto! Sappiamo benissimo che si tratta di una meta estremamente turistica ed ormai facilmente raggiungibile con qualsiasi mezzo (magari con un po’ di pazienza). Ci si può arrivare percorrendo la pista che costeggia il gasdotto che attraversa la Tunisia da sud a nord, partendo dalla strada che collega Matmata con Douz.
Noi invece abbiamo intenzione di raggiungere Ksar Ghilane utilizzando la pista che parte subito dopo Chenini (vicino a Tatauine) per poi arrivare a Matmata per sera usando il percorso che ho sopra descritto (in totale sono circa 230 km).
Per arrivare alla meta, dove tra l’altro c’è anche un laghetto alimentato da una fonte termale, la nostra mappa indica un percorso di circa 120 km (partendo da Tatauine) dei quali 100 di pista.
Prima di partire ci siamo informati bene sui rifornimenti, non si trova benzina per tutto il tratto e siccome la nostra motina ha un autonomia di circa 220 km, dobbiamo portarci della benzina extra che sistemiamo in una tanica.
Si parte!
I primi chilometri di pista sono devastanti! Il fondo della pista è duro e non è sabbioso ma pare fatto da una serie infinita di dune in miniatura alte 2 o 3 cm che provocano un fastidiosissimo effetto frullatore…
Ad un cero punto ricordo che qualcuno mi aveva detto che occorreva trovare la “velocità giusta” per permettere al mezzo di “planare” sulle dunette evitando le fastidiose vibrazioni. Dicevano anche che questa velocità può variare da mezzo a mezzo a seconda del peso, del diametro delle gomme e della dimensione delle dunette. Questi fattori danno origine infatti alla frequenza di vibrazioni, che alla lunga ti spaccano la schiena.
Faccio un po’ di prove… trovata!
Non mi avevano raccontato una frottola! Ora va molto meglio.
Dopo una trentina di chilometri spariscono le colline brulle e tutto intorno è sabbia.
Eccoci nel deserto! Che emozione, la pista mantiene il suo fondo solido (e ondulato).
Più avanti superiamo una sorta di bar realizzato in una baracca improvvisata e gestito da un’intraprendente tunisino che cerca in tutti i modi di farci fermare per consumare qualcosa. Noi tiriamo dritto.
Mi rendo conto di essere su una sorta di “strada maestra” del deserto, ed immagino che nei periodi di maggiore turismo sia solcata dai fuoristrada che portano i turisti a visitare l’oasi di Ksar Ghilane. Bene, visto che siamo soli, almeno sappiamo che se dovesse succedere qualcosa c’è un punto di riferimento.
Abbiamo percorso circa 70 km. di pista quando iniziamo ad avere alcuni problemucci. Il vento che perdura da alcuni giorni ha spostato le dune coprendo tratti della pista, così sono costretto a superare quei tratti da solo, mentre Jana segue a piedi. Per fortuna ogni tratto è lungo solo poche decine di metri.
Percorriamo in maniera più rallentata altri 10 chilometri circa dove, dopo una lunga salita, la pista sparisce completamente nella sabbia. Proviamo lo stesso a passare (sempre io in moto e Jana a piedi) ma questa volta è impossibile superare la sabbia che è molto morbida e profonda (la pista deve essere parecchio sotto rispetto la duna spostata dal vento).
Facciamo un tratto, ma la moto è troppo carica e mi insabbio! Ci vuole parecchio tempo per uscire dall’impiccio e tornare con le ruote su qualcosa di duro. Valutiamo la situazione: abbiamo già percorso circa 80 km. di pista e tra poco dovrebbe iniziare l’ultimo tratto che sulla nostra mappa viene indicata come “non sempre percorribile”.
Accidenti! Capiamo che non è proprio il caso di tentare di proseguire, anche perché se prima ogni tanto sulla pista riconoscevi il segno di un passaggio recente di pneumatici, nell’ultimo tratto di questi segni non c’è traccia.
Non conviene fare gli eroi, così giriamo la moto e torniamo verso Tatauine.
Da quando avevamo superato il tratto montagnoso e la pista era entrata nel deserto abbiamo visto come questa si diramava in più tratti che credo fossero alternativi al tracciato principale. Noi abbiamo sempre seguito la pista che ci pareva essere la principale in quanto la più battuta.
Fatto sta che al ritorno ci incasiniamo un po’ con questi percorsi alternativi e ci perdiamo con dispendio di tempo ed energie (caduta ed insabbiature varie). E’ proprio vero che l’inesperienza si paga!
Arriviamo a Matmata nel pomeriggio percorrendo strade tradizionali, Ksar Ghilane rimane nelle nostre menti con una tacita promessa: “tanto ci torniamo… la prossima volta si viaggia leggeri”.
Per consolarci (soprattutto io) passeremo la notte in una delle case troglodite di Matmata, hotel Sidi Driss, dove hanno girato Guerre Stellari.

MATMATA
Devo ammettere che dormire nella casa del giovane Luke Skywalker mi ha risollevato il morale.
Siamo gli unici due ospiti dell’albergo ricavato nella casa troglodita, le camere (che sono scavate sotto terra e si raggiungono attraverso un tunnel gradinato) sono estremamente suggestive e, pur non avendo riscaldamento, non sono nemmeno troppo fredde.
L’albergatore ci spiega che essendo la casa scavata nel sottosuolo, le camere mantengono una temperatura interna pressoché costante, o quanto meno rispetto l’esterno risultano calde d’inverno e fresche d’estate.
In effetti in camera c’erano circa 16-17 gradi, che rispetto i 5-6 dell’esterno sono parecchi. Dormiamo molto bene e senza soffrire troppo il freddo. Per maggiore sicurezza l’albergatore ci mette a disposizione parecchie coperte e, comunque, noi abbiamo i nostri sacchi a pelo.
La cena (che viene portata dalle cucine del vicino albergo) ci viene servita alle 18 circa. Alle 20 siamo già a letto… Poco male, la giornata è stata dura e siamo devastati!
Prima di dormire il guardiano mi chiede di portare la moto nel cortile della casa troglodita passando per le scale; rimaniamo un po’ basiti, nei nostri giri c’eravamo abituati al fatto che spesso gli albergatori volessero che tu mettessi la moto nella hall dell’albergo, ma pensavo che la casa troglodita fosse considerata un bene storico. Comunque obbedisco!
Al risveglio, dopo una buona colazione, facciamo un giro per Matmata e ci rendiamo conto che risulta essere una visita molto breve, in quanto la parte interessante del paese (cioè la zona con le case troglodite) è molto piccola.
Così si parte per Douz; ad un certo punto del tragitto passiamo di fianco all’oleodotto che segna la pista per Ksar Ghilane (da dove saremmo dovuti sbucare secondo i nostri programmi). La percorriamo per un breve tratto, così, per curiosità.
Più che una pista è un’autostrada in terra battuta. Se avessimo avuto sufficiente benzina saremmo andati fino in fondo, ma purtroppo così non è e non ci sono distributori fino Douz, perciò dopo una breve deviazione riprendiamo la strada per la città.
C’è molto vento oggi e deposita la sabbia sull’asfalto facendole fare curiosi disegni che ricordano quelli che fa la neve quando è molto farinosa ed è trasportata dal vento.

DOUZ
La città è abbastanza grande e si divide in due aree ben distinte: la zona turistica, ricca di alberghi lussuosi che si trova proprio di fronte al deserto, e la città vera e propria. Troviamo molto caratteristica la piazza del mercato nella città vecchia: un’enorme spazio quadrato e porticato con grandi portali di accesso al centro dei quattro lati.
La nostra guida descrive Douz come una sorta di “parco giochi del deserto” e in effetti ci rendiamo conto che proprio perché a ridosso delle dune la città si è organizzata per accogliere i numerosi turisti ed offrire loro la possibilità di praticare varie attività sulla sabbia: trekking a piedi ed in cammello (numerosissimi i cammelli che attendono i pullman di turisti per una passeggiata nel deserto), mountain bike, tandem, escursioni in Quad, jeep o motocicletta.
C’è addirittura una pista su sabbia per Quad ed hovercraft ed anche un “cammellodromo” (questo vale la pena vederlo, non è bello ma è molto curioso… soprattutto se trovate qualcuno che vi spiega come avvengono le gare).
Approfittiamo della moto scarica per fare un breve giro tra le dune.
Effettivamente l’attrattiva principale di Douz non è la città ma è proprio il deserto. Visitata la città facciamo un giro nei dintorni ed arriviamo a Zafrane, ma c’è troppo vento e comincia a fare freddo, così torniamo in albergo; bellissime le dune a perdita d’occhio.
Lasciamo Douz di buon’ora (abbiamo pernottato in un alberghetto che consiglio vivamente: l’Hotel 20 Mars, vicinissimo al centro città, pulito ed economico) ed andiamo a Tozeur. Ma prima facciamo un paio d’ore di sosta a Kebili perchè oggi è giorno di mercato!
Ragazzi, il mercato locale è bellissimo! Forse a causa della stagione siamo gli unici due turisti ed un po’ per questo ed un po’ per l’abbigliamento da moto, siamo guardati con curiosità e si lasciano anche scappare qualche sorriso.
C’è tantissima gente e si vende davvero di tutto, ci sono generi alimentari, botteghe artigiane (i falegnami lavorano sulla strada i loro prodotti), abiti, venditori di animali (soprattutto capre, cavalli ed asini), venditori di cose vecchie (anche vestiti e scarpe usate), elettrodomestici… Insomma un vero e proprio bazar a cielo aperto.
Riprendiamo il nostro viaggio alla volta di Tozeur, leggendo la guida capiamo che per arrivarci si farà una delle strade più particolari della Tunisia: quella che attraversa il Chott el Gerid. Si tratta di un immenso lago salato che si estende sui due lati della strada, ogni tanto si trovano dei possibili accessi al fondo del lago che consentono di fare qualche tratto di “fuori pista”.
Non ci sono benzinai ma tanti spazi di sosta con ristori e negozi per turisti.
Il panorama è mozzafiato, tutto intorno l’orizzonte è piatto, il fondo del lago è bianco per via del sale e a causa delle rifrazioni che si creano è possibile vedere i miraggi.
Facciamo non poche soste per le foto e nonostante il pieno carico tentiamo qualche tratto in fuori strada. Il fondo è piatto, sabbioso e ricoperto da una sottile crosta di sale che si rompe sotto il nostro peso.
Subito sotto la crosta di sale (forse perché è ancora inverno ed il sole non è ancora eccessivamente caldo) la sabbia è inzuppata d’acqua e per questo è estremamente morbida. Così si rischia di rimanere impantanati… meglio stare sulla strada!

TOZEUR
Tozeur è bellissima, approfittiamo del pomeriggio per visitare la medina (città vecchia) caratteristica per le decorazioni berbere delle case. I muri sfruttano l’alternanza dei mattoni a vista per creare disegni geometrici a bassorilievo (simili a quelli che si vedono nei tappeti).
Una guida locale (questa volta in carne ed ossa, non il solito libro che usiamo) si presenta come presidente delle guide della medina di Tozeur e ci attacca un bottone tremendo. Alla fine ha la meglio su di noi (oggi proprio non siamo in vena di contrattazioni) e ci accompagna per tutto il giro. Per fortuna almeno è simpatico.
Ad un certo punto arriviamo di fronte ad un muro decorato che ci spiega essere un luogo particolare perché qui si può compiere un caratteristico rito porta fortuna, tipico di questa città. Occorre esprimere un desiderio e lanciare un sassolino sul muro che ci sta di fronte, se la pietruzza si ferma tra le decorazioni a mattoni il desiderio sarà avverato.
Alcuni turisti tedeschi stanno tentando… noi li osserviamo mentre chiacchieriamo con il nostro accompagnatore.
Mi viene da raccontargli che anche nella mia città c’è un luogo dove le persone vanno per esprimere desideri e cercare fortuna, lui mi interrompe spiegandomi l’origine religiosa dell’usanza che stavamo osservando. Dopo questo suo inciso, per non creare fraintendimenti, scivolo su un altro discorso… Come faccio a dirgli che a Milano “si schiacciano le balle del toro”?
Usciti dalla medina facciamo un giro a piedi per la città e per l’enorme palmeto.
Verso Ovest, nella zona turistica, c’è il punto panoramico di Tozeur: una formazione rocciosa alta una quindicina di metri (tantissimo considerando che attorno tutto è piatto) che hanno racchiuso all’interno di una vasta area che sta diventando parco cittadino (in costruzione al momento della nostra visita).
Anche se non è nulla di speciale vale la pena dedicarci una mezz’ora, quanto meno per vedere i tremendi faccioni in finta roccia del presidente tunisino che vogliono rifarsi ai famosi ritratti dei presidenti americani scolpiti nella montagna.

LE OASI DI MONTAGNA
Partiamo di buon ora, come al solito, ma questa volta con la moto scarica per andare a visitare le oasi di montagna. Per arrivarci si attraversa un altro lago salato il Chott el Gharsa. Il fondo è più asciutto e la moto non ha i bagagli, così entriamo per fare un bel tratto in fuori strada nel chott e vedere l’effetto che fa. Bellissimo, se vi capita ve lo consiglio.
Come arriviamo alle oasi di montagna ci rendiamo conto che sono davvero fantastiche. Non sto a raccontare come sono fatte e come mai oggi sono disabitate. Questo lo potete leggere su qualsiasi guida turistica. Gli ambienti però sono davvero mozzafiato, sarebbe un peccato non visitarle, soprattutto Chebica - per via della fonte calda che alimenta il suo palmeto - e Mides (a 1 km. dall’Algeria) per l’enorme canyon su cui sorge. Torniamo a Tozeur che è tardo pomeriggio, ma prima di andare in albergo (memore della canzone di Battiato) voglio vedere la ferrovia e i suoi treni.
Ormai manca solo un giorno alla partenza del traghetto, così ci prepariamo al rientro. Abbiamo deciso di viaggiare di notte per raggiungere Kairouan, per poterla visitare con calma l’indomani prima di tornare a Tunisi per l’imbarco.
Casualmente prima di uscire dalla città incontriamo di nuovo il pensionato piemontese che avevamo conosciuto in nave, un incontro piacevole e inaspettato.

KAIROUAN
E’ la “città santa e dei tappeti”. Qui si trova la moschea più grande, non solo della Tunisia ma di tutta l’Africa, veramente spettacolare. La città è anche famosa per la sua produzione di tappeti.
Giriamo a piedi per tutta la giornata ed è sufficiente per vedere tutto quanto, lasciando anche un po’ di tempo per lo shopping. La città è davvero bella ed è meno turistica di quanto me la aspettassi. Nel tardo pomeriggio partiamo per Tunisi, abbiamo il traghetto alle 22.

RIENTRO
L’unica cosa curiosa del rientro in Italia è stato trovare la neve (parecchia a dire il vero) sul bordo delle strade e nei campi circostanti.
A dire il vero c’è stato un altro intermezzo da raccontare.
In nave abbiamo conosciuto Silvano, un ragazzo che occupa parte del proprio tempo per accompagnare gruppi di appassionati del fuoristrada in raid nel deserto. Ci ha raccontato di diversi viaggi fatti, mettendoci in testa un piccolo tarlo, proprio come avevano fatto Walter e Fulvio all’inizio del nostro racconto.
Parlando con Jana delle nostre prossime vacanze in moto ci rendiamo sempre più conto che quel piccolo tarlo ha già iniziato a lavorare, influenzando le nostre fantasie, ed il nome del Paese più ricorrente tra le varie ipotesi per la prossima vacanza e quello della Libia. Staremo a vedere.

Un commento in “Tunisia: oasi e deserto
  1. Avatar commento
    iby!!
    03/04/2006 17:25

    io sn una 14enne tunisina e vivo da quando sono nata in italia ma tutte le estati vado nella mia terra ed e' uguale a come l'hai descritta...complimenti salutoni!!iby!!

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