Tenerife sì? Tenerife no?

La più estesa delle Canarie presenta una tale varietà di ambienti da soddisfare i gusti di ogni tipologia di viaggiatori

Non è la prima volta, fra i numerosi resoconti di viaggio scritti per il sito nell’arco di dodici anni, che scelgo un titolo insolito, magari strano se non addirittura provocatorio.
In questo caso, lo scopo è tentare di chiarire al possibile viaggiatore se le aspettative riposte in una vacanza a Tenerife possano essere soddisfatte oppure disattese.
Come ho già spesso fatto presente riguardo le isole greche, il fatto stesso che un’isola sia una terra completamente circondata dal mare può identificarla, ad opinione di molti, come meta sempre e comunque indicata per un soggiorno del tipo “vita di spiaggia e relax”. Ciò non è affatto scontato: nel caso di Tenerife, la realtà può deludere questo tipo di approccio e cerco subito di spiegarmi meglio.
Tenerife è la più estesa (2034kmq) fra le sette isole che compongono le Canarie e, come le sue “sorelle”, ha un territorio prettamente vulcanico il cui profilo costiero vede un’alternanza di rocce laviche e sabbia in prevalenza scura, certo non l’ideale ad esaltare la trasparenza di un’acqua per pulita che essa sia; in più, ci troviamo in pieno Oceano Atlantico (quasi 300km in linea d’aria dalla costa africana), il mare può essere “lungo” e la temperatura dell’acqua non sempre mite.
E allora? Potrà chiedermi qualcuno dei miei eventuali lettori, devo orientarmi altrove? La risposta è un salomonico “dipende”, nel senso che potrà trovare mare migliore meno lontano da casa, ad esempio Sardegna, Corsica, Sicilia, Puglia, Grecia, Croazia, ecc.; dando - come si suol dire - “un colpo al cerchio e un colpo alla botte”, va detto che sull’isola i servizi delle spiagge sono di ottimo livello, anche se la cementificazione della costa ha raggiunto su lunghi tratti un gigantismo insostenibile.
Ma anche altri sono i vantaggi di Tenerife, di certo non pochi. Ad esempio:
- 1. le condizioni meteorologiche sono pressoché costanti per tutto l’arco dell’anno, con estremi che sulla costa possono variare fra 15 e 30 gradi: può far comodo, vero, un posto in cui avere un guardaroba limitato a capi estivi o primaverili e nelle case fare a meno o quasi del riscaldamento? Altro dato da non trascurare, è molto scarsa la piovosità.
- 2. conseguentemente a un regime fiscale privilegiato, i prezzi sono decisamente contenuti: il costo della benzina è poco più che la metà di quello italiano; una birra da 33cc (caña) al tavolo costa circa un euro; una bottiglia di acqua minerale da 1 litro e mezzo fra i 50 e 60 centesimi; una grossa porzione di paella sugli 8 euro. Sono solo alcuni esempi, ma il resto è in proporzione, e parlo di prezzi riscontrati di persona in località turistiche (dove di norma tendono a lievitare). Dimenticavo: è un articolo che non mi interessa ma le sigarette sono a circa metà del prezzo in Italia.
- 3. inoltre, la citata ridondante edificazione sviluppatasi con il boom del turismo si è con il passare del tempo rivelata eccessiva rispetto alla richiesta, tale da imbattersi spesso in grossi scheletri di complessi residenziali mai ultimati: ulteriore testimonianza dello sbilanciamento fra domanda e offerta sta nei numerosi cartelli presenti dovunque “se vende” e “se alquila” (si affitta), il che consente di trattare l’acquisto di case a prezzi da noi impensabili.
Tutto ciò premesso, non deve stupire che molti stranieri si stabiliscano - e in certi casi intraprendano delle attività - nell’“isola dell’eterna primavera” (come è definita Tenerife), dove uno stipendio o pensione italiani hanno ben altro potere di acquisto. Non a caso, proprio la presenza di nostri connazionali è massiccia.
Per quanto ci riguarda - e veniamo allo spirito della vacanza di cui vado a riferire - Tenerife è stata scelta come meta del consueto viaggio o trekking di fine anno che ormai da tempo l’amico Mario Dotti organizza per conto del DLF (Dopolavoro Ferroviario) di Genova per la grande bellezza del suo interno percorso da una capillare rete di sentieri escursionistici.
Punti di forza dell’isola sono la varietà del paesaggio in un territorio modellato dal vulcanismo, con l’eminenza del Pico de Teide, la cima più alta della Spagna con i suoi 3718 metri ed inattivo da oltre due secoli (periodo comunque brevissimo in termini geologici): l’ultima eruzione nell’attuale zona parco avvenne sulle pendici del Pico Viejo fra il 9 giugno e l’8 settembre 1798, la più lunga documentata in epoca storica a Tenerife.
Degna di nota è anche un’infinità di endemismi botanici come bananeti, palme tropicali, agavi, aloe, cactus, pini canari che ammantano l’intera isola. Autentico simbolo delle Canarie è il cosiddetto albero del drago (Dracaena Draco) che può raggiungere anche i venti metri di altezza e l’età di alcuni secoli: la sua linfa è di un rosso intenso, proprio per questo motivo chiamata “sangue di drago”, ed era usata dagli indigeni Guanci abitanti originari dell’arcipelago nei loro rituali magici: vedremo il più antico, definito millenario, nel corso del viaggio.
Per l’organizzazione in loco ci siamo affidati con grande soddisfazione a trekking-tenerife.com (vedi sito nello spazio links): Christine è un’austriaca con lunga esperienza di guida escursionistica, prima per molti anni all’isola d’Elba e da qualche anno a Tenerife, che provvede agli alloggi, agli spostamenti, all’accompagnamento nelle gite e ad ogni tipo di esigenza dei partecipanti. Anche la sua scelta delle cinque escursioni proposte è stata vincente: abbiamo attraversato ogni giorno ambienti del tutto differenti, in un mutamento di scenari che ci ha riservato continue sorprese.
Mi sento di raccomandare Christine (che, perfino inutile precisarlo, parla perfettamente inglese, italiano e spagnolo oltre la lingua madre tedesca) incondizionatamente.
A conclusione della parte introduttiva e in riferimento al dilemma proposto nel titolo, la nostra risposta in relazione a quanto ci aspettavamo è “Tenerife sì, sì, sì”!Mercoledì 26 dicembre 2012
Con un operativo aereo Malpensa - Madrid + Madrid - Tenerife Norte di Air Europa, atterriamo nel tardo pomeriggio (fuso orario –1h rispetto all’Italia) all’Aeropuerto de los Rodeos, dove è ad attenderci la sorridente Christine. Preso posto sul pullmino riservato, dirigiamo verso la località in cui faremo base per otto giorni.
Tenerife ha una forma allungata nel senso nord-est / sud-ovest che ricorda vagamente quella della Sicilia. L’aeroporto di Tenerife Norte è ubicato (lo dice il nome stesso) nel nord dell’isola: imbocchiamo in breve l’autopista (autostrada) TF1 che, aggirata la periferia sud del capoluogo Santa Cruz, percorre tutta la costa meridionale a breve distanza dal mare fino a raggiungere in poco meno di un’ora e mezza Playa de San Juan dove alloggeremo.
Occupiamo i nostri appartamenti, decisamente ampi e confortevoli, consumiamo nell’adiacente ristorante “Paraiso Playa” la prima delle quattro cene previste in questo locale, breve passeggiata digestiva e… presto a nanna (non dimentichiamo che stamane la sveglia ha suonato alle cinque)!

Giovedì 27 dicembre 2012
ESCURSIONE NEL MASSICCIO DEL TENO
Dislivello in salita 300m, in discesa 500m. Ore di cammino effettive: circa 5.
Una buona nottata di sonno ci ha rimesso in forma, curiosi di immergerci nelle bellezze di Tenerife: non ne rimarremo delusi.
La meta odierna è il massiccio del Teno, che si estende all’angolo nordoccidentale dell’isola: la giornata vedrà una prevalenza di tempo uggioso con occasionali squarci di sereno, ma la variabilità non sminuirà la suggestione del percorso.
Lasciata Playa de San Juan, il pullmino si inoltra ben presto verso l’interno sulla strada TF82 in direzione nord, toccando Santiago del Teide e prendendo gradualmente quota su una strada in cornice che si fa sempre più ardita e spettacolare. Dopo circa un’ora giungiamo al punto di partenza dell’escursione: è il “Mirador de Baracàn”, uno slargo intorno a quota 1000 con panorama a 360° fra mare e una serie di slanciate elevazioni che ci danno una prima idea della natura vulcanica dell’isola.
Ci mettiamo in cammino nel cuore del “Parque rural del Teno”, una zona verde che mantiene ben radicata la vocazione agricola: il sentiero si sviluppa su ripetuti saliscendi, talvolta lungo il filo di cresta e a tratti poco più in basso alternativamente sui due versanti, ora nella fitta vegetazione, ora più allo scoperto ma sempre in vista di panorami - in parte occultati dalla nuvolaglia - che si estendono dalle montagne all’intorno alla piana sottostante fino alle coste nord e ovest.
Dopo poco più di due ore, circa a metà percorso, raggiungiamo El Bailadero, poche case intorno a una piazzetta con una chiesina e due locande: essendo giusto l’ora, è ai tavolini di una di queste che consumiamo il pranzo al sacco, annaffiato dal vinello locale che la simpatica ostessa spilla direttamente dalla damigiana.
Un cartello subito fuori l’abitato indica a 4,6km El Palmar, punto d’arrivo dell’escursione: lungamente in falsopiano, spesso al fianco di muretti a secco, e sull’ultimo tratto su un sentierino acciottolato che perde quota con numerosi tornanti, raggiungiamo infine il paese, dove è ad attenderci il nostro pullmino.
Sono circa le 15,30 e, avendone il tempo, inauguriamo quella che diventerà una piacevole consuetudine nelle successive giornate, ritagliarci cioè un momento turistico. Oggi, visto che la località è lungo il percorso per immettersi sulla TF82, sostiamo una mezz’ora a Garachico, simpatica cittadina costiera che merita una passeggiata: si ammirano una serie di insenature di roccia basaltica nera, il gradevole lungomare con il Castello di San Miguel, un intrico di viuzze con belle abitazioni di stampo coloniale, il Parque de la Puerta de Terra abbellito da piante rigogliose. Una curiosità: nel parco spiccano due placche di bronzo, una con lo stemma di Genova, l’altra a ricordo della fondazione della città nel 1496 da parte di Cristoforo Colombo (qui definito Cristòbal de Ponte!).

Venerdì 28 dicembre 2012
ESCURSIONE AL BARRANCO DE MASCA
Quota di partenza 650m, quota di arrivo: 0m (livello del mare). Ore di cammino effettive: circa 4.
Giornata di pieno sole, ideale per quella che è una delle eccellenze del trekking alle Canarie. L’avvicinamento stradale ricalca quello di ieri fino al Mirador de Baracàn, al di là del quale con uno spettacolare percorso a tornanti si scende fino al villaggio di Masca.
Il piccolo abitato, reputato uno dei più pittoreschi di Tenerife, è inevitabilmente meta degli autopullman dei gruppi organizzati, con relativo riversarsi di turisti in bermuda e ciabatte infradito. A noi interessa invece immergerci nel maestoso ambiente del Barranco (=canyon), uno dei percorsi di maggiore soddisfazione per ogni appassionato di escursionismo.
Si lascia Masca scendendo lungo un sentiero acciottolato e tratti gradinati fino a un ponticello, per il primo dei numerosi attraversamenti del fiume che scorre sul fondo della gola: quelli successivi (valutati in circa sessanta) saranno tutti guadi, che peraltro mai impensieriscono per il basso livello dell’acqua. Ritengo arido descrivere il percorso in dettaglio, il sentiero è sempre evidente, basti dire che ben presto restiamo a bocca aperta nel trovarci circondati dalle imponenti pareti rocciose slanciate fino a 1350 metri di altezza e prendiamo coscienza della grandiosità del luogo: nel corso delle ere geologiche i frequenti sommovimenti tellurici, il diffuso vulcanismo dell’isola e gli agenti atmosferici hanno modellato incessantemente la roccia nelle forme più svariate e bizzarre in grado di scatenare la fantasia di ciascuno. Grossi massi addossati l’uno all’altro, frantumi di colate laviche, archi, grotte, torrioni, varchi angusti, passaggi su strette cenge rendono questo trekking piuttosto tecnico: niente di insormontabile e/o pericoloso, ma da affrontare con un minimo di attenzione.
Oltre che per i geologi, il Barranco si rivela un paradiso anche per i botanici: lungo la discesa ci si imbatte in una grande varietà di piante (erica arborea, palme, cactus, agavi, fichidindia, fitti canneti, ecc.) che si sono ben adattate al microclima del canyon, nelle cui zone più profonde il sole filtra solo in minima parte.
Il percorso è scandito da placche metalliche gialle con una numerazione crescente da 1 a 58 nel senso della discesa: essendo distanziate di 150 metri l’una dall’altra, se ne deduce una lunghezza totale di 8,7 chilometri.
Un passaggio sotto un’imponente cavità rocciosa naturale prelude al tratto finale: in poche centinaia di metri la gola si allarga progressivamente, il sentiero spiana e “rivediamo la luce” ormai in vista della spiaggia. Il mare è piuttosto turbolento e le onde si infrangono con potenza sul litorale di ciottoli neri: è previsto il ritorno in battello (unica alternativa è la risalita del canyon!), che però in queste condizioni non può attraccare al minuscolo molo ed è giocoforza salire “al volo” sulla passerella ondeggiante uno per volta e con l’ausilio di spinta (su spalla, schiena, culo, secondo l’altezza) da parte del marinaio!
Lungo la traversata si balla parecchio: l’ammirazione per le colossali falesie che costeggiamo lascia subito il posto ad altre priorità e più di un passeggero è sull’orlo del “dare il meglio di sé” (non scendo in particolari penosi). Per fortuna la navigazione è breve e dopo meno di venti minuti mettiamo piede indenni sulla terraferma di Los Gigantes.
Su questa località dico solo che è quanto di più brutto ho visto a Tenerife, con un livello di cementificazione che ha aggredito il sovrastante pendio con una compattezza impossibile da descrivere. Giusto una sosta a un tavolino per una birretta (chi non ha lo stomaco sottosopra), una passeggiata fino al terminal e con l’autobus di linea rientriamo alla base.
In attesa dell’ora di cena, c’è il tempo per una presa di contatto un po’ più approfondita con Playa de San Juan. La località in cui soggiorniamo è situata circa a metà della costa occidentale e gode di una buona posizione riparata; l’impronta turistica non può mancare, ma è tutto sommato accettabile rispetto alle muraglie di cemento di località quali Los Gigantes, Playa de la Américas o Los Cristianos. Molto piacevole è il lungomare pedonale in direzione nord, con belle vedute sulle frastagliate rocce vulcaniche costiere intervallate da piccole insenature, uno scenario particolarmente suggestivo con la luce del tramonto; in direzione sud si raggiunge in pochi minuti il porto di pesca, dal quale si dirama una passeggiata che corre alta sul mare, anch’essa gradevole e frequentata per l’esteso panorama.

Sabato 29 dicembre 2012
ESCURSIONE AL MASSICCIO DI ANAGA
Quota di partenza e arrivo 560m, quota massima 930m. Dislivello in salita e discesa 370m. Ore di cammino effettive: circa 4.
Il tragitto stradale odierno ricalca quello che percorremmo in arrivo il primo giorno: il teatro dell’escursione odierna è infatti l’estremità nordorientale di Tenerife. Superato l’aeroporto ed essendo la località dell’odierna “parentesi turistica” a breve distanza, ne anticipiamo la visita: si tratta di La Laguna, per completezza San Cristòbal de la Laguna, fondata dagli Spagnoli nel 1600 e inserita dall’Unesco nel Patrimonio culturale dell’umanità.
Nella città sono numerosi i luoghi di interesse, belle vie pedonali con edifici religiosi (Cattedrale di Los Remedios, chiesa de La Concepción) e civili, spesso impreziositi da bellissimi patios interni. Il poco tempo a nostra disposizione non ci consente di approfondire, ma è di soddisfazione anche una passeggiata senza una meta precisa facendosi pervadere dalla piacevole atmosfera coloniale del centro storico.
Lasciata La Laguna, puntiamo verso nord nel cuore dell’area nota come Las Mercedes lungo una strada via via più tortuosa, mentre i numerosi picchi aguzzi che sfilano lungo la via confermano ancora una volta la natura vulcanica di Tenerife. Una quarantina di minuti ed eccoci, pochi minuti dopo mezzogiorno, a un piccolo slargo dove lasciamo il pullmino per intraprendere l’escursione: di fronte a noi abbiamo il villaggio di Batàn de Abajo, una manciata di case rurali accovacciate ai piedi di un’altura rocciosa.
Imbocchiamo una stradina in discesa che dopo una decina di minuti spiana per prendere poi a salire con pendenza costante descrivendo un ampio arco a mezzacosta di una valletta che, con campi coltivati e terrazzamenti, denuncia con chiarezza la vocazione agricola della zona.
Le caratteristiche ambientali ricordano quelle del massiccio del Teno attraversato nella prima escursione, in un’alternanza di tratti gradinati e sentiero delimitato da muretti a secco, sempre immersi in una vegetazione - se possibile - ancora più folta di quella e con il valore aggiunto di una giornata di pieno sole. Prendendo quota l’ambiente si fa più aperto, finché un ultimo strappo in salita porta a un’insellatura assai panoramica sui due opposti versanti che costituisce il punto di scollinamento: camminiamo da due ore, siamo circa a metà gita e il luogo è ideale per consumare il pranzo al sacco.
La discesa avviene dapprima fra boschetti e poi lungo un tratto più scoperto sul quale pascola un gregge di capre: è il preludio alla parte più sorprendente dell’escursione, fino a uno stretto passaggio nella roccia rossastra che immette nelle cosiddette “levadas”. Si tratta in pratica dell’antico acquedotto costruito dagli isolani su cui incanalare l’acqua piovana per l’approvvigionamento idrico dei centri abitati e l’irrigazione dei campi. Scavando una cengia lungo le falesie pressoché verticali furono ricavati chilometri di camminamento strutturato come canalizzazione in muratura in sezione di U di circa mezzo metro di larghezza e altezza: il manufatto è mediamente ben conservato e proprio in questa cunetta camminiamo ininterrottamente per poco meno di un’ora, in un susseguirsi di vedute vertiginose verso il fondo valle, un paio di brevi passaggi angusti in cui si avanza accucciati e tratti in galleria che richiedono l’uso della pila (ideale la frontale). Il percorso è molto panoramico e, pur con un minimo di cautela, alla portata di tutti: a meno di non soffrire di vertigini, risulta anche insolito, divertente e reso sicuro dall’incavo artificiale in cui si procede.
Al termine del tratto lungo le levadas, scorgiamo sopra di noi Batàn de Abajo: risalendo in una ventina di minuti un ripido pendio che alterna rocce e fitta vegetazione, arriviamo infine al punto di partenza dove ci attende il pullmino che ci riporterà alla base.

Domenica 30 dicembre 2012
Dopo tre giorni consecutivi di escursioni, è prevista una giornata libera, che preferiamo però dedicare ad approfondire la conoscenza dell’isola anziché trascorrerla pigramente: concordiamo così con Christine il noleggio del pullmino con autista per effettuare un giro che soddisfi tutti alternando bellezze naturali, centri turistici e - perché no - anche un po’ di shopping.
Punto focale è naturalmente l’anello intorno al Teide, che si rivelerà istruttivo per una prima presa di contatto con l’ambiente nel quale ci immergeremo domani, oltre che per i paesaggi di grandiosa bellezza.
Lasciata l’autopista, ci si dirige verso nord lungo la TF51 che progressivamente prende quota e, superato il grazioso villaggio di Vilaflor, si entra nel Parque Natural de Corona Forestal che circonda quasi per intero il massiccio vulcanico ed è il regno del Pino Canario. Intorno a quota 2000 la strada si inoltra nell’immensa caldera ellittica (km 16x11) al cui centro s’innalza il complesso Teide / Pico Viejo: tale area prende anche il nome di Cañadas del Teide, un tempo percorsa dalle mandrie di bestiame (in spagnolo “ganado”, poi deformato in cañada). Ben presto ha inizio una sequenza ininterrotta di scenari entusiasmanti in cui sorprende la varietà di forme e colori della roccia, con prevalenza dei toni rossicci che fanno pensare ai grandi Parchi dell’Ovest americano (Monument Valley, Arches, Bryce, Canyonlands, Capitol Reef…)
Non si possono mancare le soste ai vari Miradores (belvederi), il più celebrato dei quali è quello di Los Roques: parcheggiate le auto, è irrinunciabile la passeggiata nel cuore di una serie di torrioni dalla forma bizzarra fra cui il famoso “dito” che spicca in cartoline, libri fotografici e posters. Nei pressi, merita una sosta il Centro de Visitantes dell’ente parco, interessante per un bel plastico del Teide, vari pannelli illustrativi e un filmato sulla genesi del vulcano.
Lasciamo davvero a malincuore questo spettacolo naturale, consolandoci al pensiero che quanto oggi vediamo dal basso domani lo ammireremo dall’alto. Dopo una mezzora consumiamo il pranzo al sacco in una bella area picnic attrezzata in mezzo ai pini, dopodiché è tutta discesa in direzione costa nord fino a Puerto de la Cruz.
La città è una delle destinazioni più frequentate dell’arcipelago. Situata nel nord di Tenerife, non è rimasta indenne dal pesante sviluppo turistico che negli ultimi decenni ha profondamente modificato (il più delle volte in peggio) l’isola, ma il vivace nucleo storico che circonda l’antico porto peschereccio non manca di fascino, con edifici d’epoca, casette variopinte, stradine e piazzette costellate da ristorantini, caffè all’aperto, locali di ritrovo, negozietti. Il pittoresco porticciolo e gli spalti del seicentesco Castillo de San Felipe danno la possibilità di piacevoli passeggiate con belle vedute sul mare.
Un’ulteriore opportunità offerta da Puerto de la Cruz consiste negli acquisti a prezzi convenienti che vi si possono fare, fra cui abbigliamento, articoli sportivi, soprattutto fotografia ed elettronica: per quest’ultimo settore il consiglio è però di non acquistare “tanto per comprare” - magari allettati da un costo stracciato - ma in maniera mirata a determinati modelli di cui già si conoscano le caratteristiche e i prezzi in Italia.
Dedicata circa un’ora e un quarto a Puerto de la Cruz, riprendiamo la TF5 per recarci in poco più di mezz’ora all’ultimo luogo visita odierno: si tratta del caratteristico villaggio di Icod de Los Vinos che (come già lascia intuire il nome) è nel cuore di un’area di produzione vinicola. La principale attrazione è la più vecchia pianta di Dracaena Draco presente alle Canarie, nota come Drago Milenario anche se a parere degli esperti la sua età sarebbe di circa 300 anni. Per accedere al giardino in cui è ubicato questo singolare albero e ammirarlo da vicino si paga un biglietto, ma si può apprezzarne la mole (22 metri di altezza, 10 di diametro alla base) e la grande bellezza anche dalla terrazza prospiciente la soprastante chiesa di San Marcos e dal giardino della “Casa del Drago”: in questa palazzina si possono acquistare souvenirs, prodotti tipici e fare assaggi dei vini locali.
Non resta che tornare sulla ormai familiare TF82 e, toccando El Tanque, Santiago del Teide e Alcalà, rientrare alla base. La cena di stasera e le due successive sono previste alla “Comida Italiana Amedeo”, ristorante gestito da una famiglia della provincia di Sondrio: qualità più o meno equivalente al già noto “Paraiso Playa”, voto medio per entrambi fra il sei e il sette.

Lunedì 31 dicembre 2012
Eccoci finalmente, atteso fin dal momento dell’organizzazione del viaggio, al “grande giorno”!
Una premessa: càpita di leggere in giro per il web qualche imprecisione riguardo le modalità della salita al Pico de Teide e provo quindi a dare delle sommarie “istruzioni per l’uso”.
La cima è alta 3718 metri e può essere raggiunta:
a) integralmente a piedi da un parcheggio lungo la TF51 a quota 2399;
b) con il parziale ausilio del “Teleferico” (in salita, in discesa o entrambe), le cui stazioni di partenza e arrivo sono situate rispettivamente a 2356 e 3550 metri (“La Rambleta”); l’impianto è costituito da due cabine da 44 persone ciascuna che alternativamente salgono e scendono in otto minuti. Per salire gli ultimi 163 metri da La Rambleta alla cima è obbligatorio il permesso rilasciato dall’ente parco a un numero limitato giornaliero di persone ed esibire un documento d’identità.
Si tenga conto che è un’escursione comunque impegnativa, non solo per la lunghezza ma anche per il dislivello e per la quota elevata che a qualcuno può creare problemi. Un’alternativa a chi non se la senta di compiere l’intera ascesa consiste nel Refugio Altavista ubicato a quota 3260, una meta e un punto panoramico già di tutto rispetto. Il rifugio ha due locali per complessivi 54 posti letto, è dotato di distributori di bevande calde e fredde, cucina attrezzata ma per i viveri si deve provvedere in proprio. Tutti i dettagli sono sul sito riportato nello spazio links.
La suddetta logistica consente a ciascuno di personalizzare la propria escursione. Nel nostro caso (gruppo di 13 persone) quattro hanno raggiunto la cima, quattro il Refugio Altavista, cinque si sono limitati a quote inferiori.
Ripercorriamo in pullmino lo stesso tratto stradale di ieri fino al parcheggio, dove spicca un grosso cartello in pietra indicante “Pista a Montaña Blanca” dal quale alle 9,45 cominciamo a camminare. Il termine “pista” è appropriato, vista la larghezza del sentiero che si sviluppa ad ampi tornanti e pendenza moderata costante, con ai lati pendii di ghiaia chiara o rossiccia che fanno pensare a dune di un paesaggio desertico. Dopo poco più di un’ora ci imbattiamo nei primi esempi delle numerose “uova del Teide”, gigantesche bombe vulcaniche nere di forma grossolanamente ovale in certi casi alte due o tre volte una persona. Del resto, l’ambiente che attraversiamo è un vero paradiso per i geologi, che hanno di che sbizzarrirsi fra arenarie, tufi, pietre pomici, basalti, ossidiane, ecc.
La parte “facile” del percorso (praticabile anche dagli automezzi dei guardiaparco) ha termine dopo circa due ore verso quota 2700: da qui il pendio diventa repentinamente più ripido e il sentiero più stretto lungo innumerevoli tornanti fra rocce frantumate via via più nere quanto più si sale.
Il panorama si fa sempre più ampio ed entusiasmante, impreziosito dal fenomeno - frequente sul Teide - del “mar de nubes”, cioè il mantello di nuvole che copre tutto quanto si trova al di sotto dei 2000 metri di quota. Giunti finalmente al Refugio Altavista (circa 3 ore e 40 minuti dalla partenza, al netto di alcune soste), il contrasto fra il blu del cielo, l’infinità di sfumature della roccia e il bianco delle nuvole in basso formano una tavolozza di colori che lascia stupefatti.
Qui, a quota 3260, ha termine l’escursione del sottoscritto che, dopo uno spuntino e una raffica di scatti fotografici, insieme con tre compagne torna al parcheggio per la medesima via ammirando le tinte del paesaggio che si vanno sempre più saturando con il calar del sole. Gli impavidi arrivati sul Pico riferiranno di un ultimo tratto gradinato molto ripido ma assicurato con un catena, di qualche chiazza di neve perenne sul versante nord, di alcune fumarole attive nell’emettere esalazioni gassose e naturalmente di un panorama immenso a 360 gradi. Faranno anche in tempo, nonostante l’annunciata chiusura anticipata per l’ultimo giorno dell’anno, a utilizzare una delle ultime corse del Teleferico per il ritorno alla base.
Esperienza comunque indimenticabile per tutti e degna conclusione del 2012!
Sono ormai le 19 passate quando rientriamo a Playa San Juan, dove ci si prepara a festeggiare il nuovo anno. Siamo piuttosto provati dalla giornata intensa e non abbiamo certo intenzione di fare le ore piccole, quindi cena da Amedeo con prosciutto e melone, pappardelle al cinghiale, arista di maiale, dolce; allo scoccare della mezzanotte seguiamo il rituale beneaugurante, tipicamente spagnolo, di mangiare un chicco d’uva per ciascuno dei dodici rintocchi della campana, poi brindisi vari, ancora un po’ di chiacchiere e infine a nanna.

Martedì 1 gennaio 2013
Giornata di Capodanno libera, che ciascuno trascorre secondo le proprie predilezioni: qualcuno resta a San Juan per totale relax, altri si recano in autobus nelle località balneari della costa meridionale di Playa de la Américas e Los Cristianos. Un tempo villaggi di pescatori, il boom turistico con relativo sviluppo edilizio degli anni Settanta le ha completamente trasformate: per quello che è il mio concetto di viaggio, non farei mai una vacanza stanziale in queste località, ma posso capire che, per le ragioni spiegate nella premessa, possano attirare molte categorie di vacanzieri.
Va infatti detto, per obiettività, che le spiagge sono ben tenute e ottimamente attrezzate (anche se spesso il litorale è di sabbia riportata) e che la vastissima offerta di alloggi, ristorazione, servizi, attrazioni, intrattenimento, pratiche sportive è in grado di soddisfare turisti di ogni fascia di età e tipo di esigenza.

Mercoledì 2 gennaio 2013
ANELLO DEL CHINYERO
Quota di partenza e arrivo circa 1150m, dislivello in salita e in discesa 330m, ore di cammino effettive 5.
Ultima giornata piena a Tenerife ed ennesimo cambiamento di scenario.
Trasferimento stradale lungo l’ormai nota TF82: tre km oltre Santiago del Teide si imbocca la secondaria TF373 e in breve si giunge a uno slargo dove si posteggiano le auto. Si imbocca una sterrata che in una decina di minuti porta al punto di partenza e di arrivo della prevista escursione ad anello, l’Hotel Rural “Caserio Los Partidos”: entrerò nei particolari di questo singolare luogo più avanti.
La meta odierna è il teatro dell’ultima eruzione avvenuta a Tenerife, quella del vulcano Chinyero (m.1560) durata 10 giorni a partire dal 18 novembre 1909: per fortuna il fiume di lava non raggiunse centri abitati ma modificò profondamente il territorio circostante e noi ci muoveremo proprio nel cuore del paesaggio creato da quell’evento geologico.
Lasciamo Los Partidos alle 11,30 prendendocela comoda, visto che è questo il luogo in cui ceneremo e il percorso impegna non più di cinque ore. Il sentiero è ideale, pendenze dolci, tratti in sottobosco in cui si procede su un terreno ammantato di aghi di pino si alternano ad altri più scoperti affiancati da massi frantumati delle colate laviche dalle forme più strane. La zona è stata più volte preda di incendi ed è sorprendente vedere le cortecce dei tronchi bruciati dei Pini Canari “sfondate” da nuovi rami verdissimi che preannunciano una nuova vita per gli alberi.
Le condizioni meteorologiche non sono le migliori, si procede in una nebbiolina che preclude il sole, ma ciò non penalizza la suggestione e anzi accresce il senso di “primordialità” che l’ambiente trasmette. Uno squarcio di sole coincide con il passaggio in un avvallamento che farebbe pensare a dune desertiche se non fosse per le ghiaie nerastre dalle quali emergono nuovi pini alti già qualche metro: in pratica il simbolo di una Natura che nei secoli a venire è destinata a ricostituire la copertura arborea originaria.
Il luogo è l’ora sono l’ideale per consumare il pranzo al sacco, anche perché siamo circa a metà dell’anello. Ripresa la marcia, sulla nostra destra si presentano finalmente alla vista la cima e l’anticima del Chinyero, con diverse prospettive in continuo mutamento fra gli alberi e grossi blocchi di lava.
Approfittiamo di una successiva schiarita per una breve digressione fino alla sommità di una delle tante caldere senza nome, dalla quale abbiamo un’ampia visuale del territorio che abbiamo attraversato.
Una sottile pioggerella (ci è anche toccata questa “rarità” di Tenerife) penalizza in parte l’ultima ora e mezza di percorso, che si sviluppa fra estesi campi da lava, ruderi di vecchie canalizzazioni coperte e un’ultima monotona mezzora sullo stradone che ci riporta a Los Partidos, un luogo che questa atmosfera ovattata ci fa apprezzare ancora di più.
Questa struttura, per completezza l’Hotel Rural “Caserio Los Partidos” (vedi il relativo sito nello spazio links), è un piccolo nucleo abitativo di diversi edifici in pietra risalente al XVII secolo e recuperato ad ospitalità nel pieno rispetto della struttura originaria ad opera di Francesco, un toscano dell’isola d’Elba. Siamo davvero in un posto da sogno quasi sospeso nel tempo, che ci gustiamo fino in fondo, prima ammirando un tramonto da brividi, poi asciugandoci i vestiti e le ossa davanti al caminetto in compagnia di una bevanda calda e infine con la squisita cena a base di zuppa di farro e polpette.
Purtroppo non abbiamo il piacere di pernottare qui perché bisogna rientrare a Playa San Juan, preparare i bagagli e domattina alzarci presto, ma non possiamo non essere grati a Christine per la magnifica sorpresa che ci ha riservato per l’ultima sera a Tenerife.
E poi ormai conosciamo la strada e possiamo sempre tornare, no?

Giovedì 3 gennaio 2013
Giornata lunga e senza storia, o meglio con la storia già scritta di ogni viaggio di ritorno. Storia anche un po’ triste a conclusione di una settimana trascorsa in luoghi splendidi in ottima compagnia.
Solita sequenza di mezzi di trasporto: pullmino per l’aeroporto di Los Rodeos, volo per Madrid Barajas, sosta per cambio volo arricchita dall’immancabile squisito “bocadillo con jamòn serrano”, volo per Malpensa, pullmino per Genova e a casa per l’ora di cena.
Al prossimo viaggio!

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