Nella terra di Yoghi e Bubu - Parte seconda

Ancora meraviglie del nord-ovest degli Stati Uniti

E' la seconda e ultima parte del bellissimo viaggio nella natura degli Stati Uniti nordoccidentali. La prima parte, dallo stesso titolo, è già stata pubblicata in questo stesso sito.
Itinerario
Martedì 27 luglio 2004
East Glacier – Glacier NP – West Glacier (km 249)
Al mattino presto lasciamo il nostro motel in una triste giornata che pare autunnale. Il cielo è coperto e tutte queste nuvole non promettono altro che pioggia. Il programma della mattinata prevede di arrivare fino al Logan Pass, luogo di partenza del sentiero scelto per oggi. Visto che non si tratta di un giro lungo strada facendo ci soffermiamo a vedere il panorama. Il Saint Mary Lake è veramente immenso. Le montagne, i ghiacciai di questo parco sono veramente sensazionali.
Arrivati al Logan Pass lasciamo la nostra auto nel parcheggio del visitor centre e ci avviamo verso l’Hidden Lake Trail. La prima parte del sentiero, fino al punto panoramico che consente di vedere l’Hidden Lake dall’alto, è stata tutta attrezzata con passerelle in legno in modo da consentire anche ai disabili (voglio vedere chi spinge la carrozzella in salita) di raggiungere tale punto. Effettivamente il sentiero è trafficatissimo e ci sono tante famigliole.
Arrivati al punto panoramico il sentiero prosegue, fortunatamente senza passerelle e roba varia, fino all’Hidden Lake, collocato in una conca. Poco oltre il punto panoramico incontriamo alcune mountain goats (capre di montagna) e parecchie marmotte, una in particolare continua a trotterellare davanti ai turisti che invece la ignorano e preferiscono fotografare le capre di montagna. Le mountain goats non sono, infatti, molto infastidite dalla presenza dell’uomo. Arrivati all’Hidden Lake, ci accorgiamo che non c’è quasi nessuno, la gran parte della gente si ferma al punto panoramico, per cui le rive del lago sono deserte, tanto meglio.
Ritornati al parcheggio, ci aspetta una bella sorpresa. Provo a pigiare il nostro telecomandino della macchina per aprire il bagagliaio (che lusso eh, lo apro per fino a distanza) e non succede niente, provo con le portiere idem, alla fine mi riduco ad aprirla con la chiave. Carichiamo tutta la nostra roba, saliamo in macchina e... ohi ohi ohi, non parte, si è scaricata la batteria, abbiamo dimenticato le luci dei fari accese; questa non ci voleva, proprio stasera che avevamo un impegno per cena non sarebbe carino fare tardi.
Il parcheggio è pieno di gente, chiediamo a quello che ha parcheggiato di fronte a noi che si prepara a partire se dispone dei cavi. Questo ci fa un lungo discorso facendoci presente che lui non ha i cavi perché la sua macchina è a noleggio e che non ci conveniva chiedere a macchine targate Montana perché con molta probabilità erano a noleggio, ma di chiedere a macchine con targhe limitrofe; veramente mi sono cascate le braccia… noi siamo targati Oregon e si vede lontano un miglio che non siamo Americani, che razza di ragionamento ci viene a fare questo!?! Fatto sta che Marco va a chiamare un ranger, che come nelle migliori tradizioni americane se ne arriva con un pick-up super potente che solo a metterlo in moto farà andare metà del carburante che ha nel serbatoio... fatto sta che riusciamo a ripartire.
Seduto in completo relax poco lontano dal bordo della strada un maschio di muflone è la causa di un ingorgo di macchine. Secondo me lo fanno apposta...
L’area intorno al Logan Pass è comunque molto bella, c’è tantissimo traffico e, pure qui, questa è proprio una mania, stanno facendo dei lavori stradali, per cui la strada è a senso unico alternato, con i soliti semafori eterni.
Il nostro motel si trova sulla strada che conduce ad Essex, anche questo lo abbiamo prenotato tramite Internet, è anche l’ultimo pernottamento che abbiamo prenotato in anticipo, da domani l’itinerario è stato solo pensato e non formalizzato. Il posto è carinissimo e i proprietari sono molto gentili ed ospitali. Il locale è in perfetto stile country, ha le pareti tappezzate di trofei di caccia, animali imbalsamati, uccelli, etc… Marco si avvicina ad osservare le mountain goats e gli altri trofei. Bill, il proprietario, gli fa così fare il giro turistico dei suoi trofei di caccia e gli racconta un po’ di cose. Marco lavora anche con i cacciatori per cui è quasi un divertimento sentire che, nonostante ci siano miglia e miglia di distanza, i discorsi che fanno sono sempre gli stessi… Fatto sta che ci indica un posto, un po’ più a sud di Essex dove c’è una salina e si possono osservare le capre di montagna. Se non si è capito è l’animale preferito di Marco.
Lasciati i nostri nuovi amici ci prepariamo per la cena, abbiamo appuntamento a West Glacier con George e la sua famiglia, dopo tante mail finalmente ci conosceremo di persona. Arriviamo con qualche minuto di anticipo perché non vogliamo far aspettare nessuno. Loro non ci sono ancora, speriamo solo di aver capito bene il luogo. Dopo qualche minuto arrivano. Mentre George parcheggia, Kate scende a darci il benvenuto nel loro paese. La serata è stata carinissima, noi non parliamo un bell’inglese, ma loro sono stati gentilissimi e hanno parlato meno velocemente di quello che sono abituati. E’ stata una bella esperienza e una serata piacevole. Siamo andati a cenare in quello che si può dire un ‘very american restaurant’, come dice Marco, nel ristorante del distributore, proprio come nei telefilm; uno spasso… forse l’unico che si è annoiato è stato il loro figlio tredicenne, per lui non siamo stati un granchè come compagnia.
Pernottamento e colazione: Middle Fork River Inn (Highway 2 mile 173 – Essex – MT) – 53,45$

Mercoledì 28 luglio 2004
West Glacier – Omak (Washington State) (km 715)
Fatta colazione al motel e caricata la nostra auto ci avviamo verso la salina che ci ha indicato Bill (Goat Lick Overlook). Troviamo facilmente l’area e possiamo osservare una femmina e un piccolo di capra di montagna. Questa salina, una scarpata molto ripida di terra che dal fitto del bosco scende fino alla riva del fiume, dove gli vengono a leccare il sale contenuto nelle rocce e nella sabbia di questa pareti. Mentre osserviamo i due animali sulle rive del fiume spunta un’orsa bruna con il suo piccolo. Si carica il piccolo sulle spalle e a nuoto attraversa il fiume. Spettacolare…
Deliziati da questa vista ritorniamo verso West Glacier, dopo una veloce visita al Lake McDonald e a qualche negozio di souvenir saliamo nuovamente in macchina diretti verso lo stato di Washington. Il viaggio è lungo. Lasciato il Montana ed entrati nell’Idaho dobbiamo subito portare indietro il nostro orologio di un’altra ora, e così sono nove le ore di fuso che ci separano da casa nostra.
Per pranzo ci fermiamo in un centro dell’Idaho, lungo l’autostrada. Seduti ad uno dei tavolini del parco adiacente all’ufficio informazioni ci rilassiamo e studiamo la cartina. Tanto per curiosità faccio un piccolo salto all’ufficio informazioni, dove vengo subito braccata da una nonnina che sicuramente si ricorda anche la guerra d’indipendenza, tant’è giovane. Vuole sapere da dove vengo e scoperto questo mi infila sotto il naso il suo bel registro delle visite da firmare. La accontento e me ne esco con qualche opuscolo.
Riprendiamo il viaggio e attraversiamo così le enormi pianure dello stato di Washington che all’inizio ci incantano.
Per la notte di fermiamo ad Omak. Fa molto caldo e il paese è praticamente deserto. Trovato un motel per la notte cerchiamo un posto per fare cena. Il paese non offre molta scelta e alla fine, visto che la nostra camera è dotata di un angolo cottura e un forno a microonde, comperiamo al supermercato una di quelle cene surgelate da cuocere al microonde che non hanno nulla da invidiare ai pasti offerti sugli aerei!
In zona dev’esserci una grossa comunità messicana o qualcosa del genere perché al supermercato le scritte erano in inglese e in messicano.
Pernottamento: Stampede Motel (215 W. 4th St. – Omak – WY – Tel. 509.826.1161) – 37,25$

Giovedì 29 luglio 2004
Omak – Okahogan National Forest – Concrete (km 243)
Lasciatoci alle spalle Omak ci dirigiamo verso il North Cascade National Park. Questa mattina non avevano intenzione di andare a camminare ma dopo una prima sosta al Washington Pass (1669 m) per ammirare le splendide vette dell’Okanogan National Forest decidiamo di fare due passi per addentraci in questa foresta.
Il Washington Pass è pressoché deserto, c’è un ampio parcheggio e un edificio che poteva essere un centro informazioni ma è chiuso. Un breve percorso permette di raggiungere diversi punti panoramici. Stiamo per andare via quando arriva un’altra macchina, parcheggiano e ne scende una famigliola canadese che sembra uscita da uno di quei film polpettoni che narrano di queste famiglie alternative che lasciano la civiltà per andare a vivere sulle rive di chissà quale lago sperso nelle montagne canadesi dove immancabilmente c’è un orso che vuole assaggiare la famigliola appena il padre si allontana. Non ci crederete ma è così, padre e madre molto alternativi, e le loro due figlie adolescenti scendono dall’auto senza scarpe e si avviano verso il breve sentiero sterrato che conduce al belvedere.
Ripresa l’auto ci avviamo verso il punto di partenza dell’Easy Pass Trail, un sentiero che in circa 11 km tra andata e ritorno con un dislivello di poco più di 800 metri ci porterà sul Easy Pass (2000 m circa) da cui potremmo ammirare la maestosità e i ghiaccia perenni della catena delle North Cascades.
Il sentiero è molto lungo e faticoso, il primo tratto passa nel bosco, ma lasciato questo il sole cocente di mezzogiorno ci accompagna fino in vetta al colle. La vista sui due versanti del colle è spettacolare, il silenzio, la pace contribuiscono a rendere d’effetto l’imponenza di queste montagne. Poco prima di raggiungere il colle un cartello ci informava che stavamo per entrare nel territorio del parco.
Dopo un pranzettino veloce sul colle riprendiamo la lunga discesa fino alla nostra auto.
Per sostare in questa zona è richiesto il Golden Eagle Pass, il National Park Pass non è sufficiente poiché siamo in una foresta nazionale e non in un parco.
Ripresa la nostra auto ci dirigiamo verso la nostra destinazione per la notte: l’abitato di Concrete. La strada che percorriamo attraversa il parco a metà, è anche l’unica strada che lo attraversa, in un'area che non è propriamente parco ma è definita Ross Lake National Recreation Area. Il Ross Lake e il Diable Lake con i suoi colori sono molto suggestivi, soprattutto per la cornice in cui sono inseriti, ma una visita solo in auto di questo parco non consente di vedere la maestosità di queste montagne, non visibili appieno da questa strada.
L’abitato di Concrete è tutto un cantiere. Stanno rifacendo i manto stradale della via principale. Sarà forse per questo o chissà per cos’altro ma ci appare un posto molto inospitale. In questa zona abita una ragazza svizzera che, a una delle nostre mail per chiedere informazioni, aveva risposto inviandoci parecchia documentazione e una breve lettera di sè. Vive qui da quando si è sposata e ha lasciato la Svizzera. Se fossimo arrivati ieri avremmo potuto passare a ringraziarla, il mercoledì è il giorno in cui l’avremmo trovata all’ufficio informazioni di Concrete.
Troviamo un motel per la notte fuori del paese, vicino ad un ristorante, un supermercato e qualche altro esercizio commerciale. Il motel è molto bello e la stanza è molto grande e visto il nostro programma per il giorno seguente decidiamo di fermarci due notti.
Per cena andiamo nel ristorante adiacente al motel. Sarebbe piaciuto a mia mamma. Lo stile del locale, tavolini compresi, è decisamente country. Sulle pareti e al soffitto pendono una valanga di pezzi di storia pionieristica, vecchi fucili, targhe, utensileria varia, foto, trofei di caccia, pentolame, perfino una caffettiera, sembra un museo più che un ristorante. La cena è ottima, io mi prendo un super hamburger con la cotoletta grigliata di pollo e Marco un’insalatona.
Pernottamento: North Cascade Inn (44618 Highway 20, Concrete - WA) – 65$
Cena: North Cascade Inn (44618 State Route 20 – Concrete - WA) – 20$

Venerdì 30 luglio 2004
Concrete – North Cascade National Park – Concrete (km 129)
Sveglia presto e subito in macchina per raggiungere il punto di partenza del sentiero di oggi. Dovremmo percorrere parecchia strada sterrata prima di lasciare la nostra auto. Nel parcheggio ci sono molte auto, questo è infatti il punto di partenza di parecchie escursioni e ascese alpinistiche sulle vette circostanti.
Lasciata la nostra auto prendiamo il Cascade Pass Trail, sentiero che ci porterà sul Cascade Pass. Usciti dal folto del bosco il sentiero diventa molto panoramico, sullo sfondo si possono ammirare i ghiacciai dell’Eldorado Peak
La vista dal colle è spettacolare, visto che è ancora presto decidiamo di proseguire e prendiamo il sentiero che conduce ad un punto panoramico migliore del colle stesso. Con il binocolo riusciamo perfino a vedere le cordate di alpinisti che attraversano i ghiacciaio della Sahale Mountain.
Rispetto agli altri parchi ci sembra che la fauna qui scarseggi un tantino, a parte un cervo e i soliti scoiattolini di terra non abbiamo incontrato altro.
Per cena torniamo nello stesso ristorante della sera prima. Fortuna che io tengo tutte le ricevute della carta di credito perché una volta a casa, controllando l’estratto conto della carta, mi sono accorta che ci avevano addebitato 10$ in più. Ma visto che io ero in possesso di tutta la documentazione per dimostrare l’errore nell’estratto conto del mese successivo ci sono stati restituiti. Voglio pensare che sia stato un errore in buona fede e non un tentativo di fregarci.
Pernottamento: North Cascade Inn (44618 Highway 20, Concrete - WA) – 65$
Cena: North Cascade Inn (44618 State Route 20 – Concrete - WA) – 17,50$

Sabato 31 luglio 2004
Concrete – Mt Baker National Forest – Marysville (km 364)
Il programma della giornata di oggi prevede la visita al Mount Baker National Recreation Area. Anche questo non è un parco e quindi il National Park Pass non basta, serve il Golden Eagle Pass, oppure si paga il biglietto giornaliero. La scelta di visitare quest’area l’abbiamo fatta dopo aver visto degli opuscoli che ritraevano questa montagna, con i suoi 3286 metri e il suo imponente ghiacciaio sembra dominare l’area che la circonda. E’ perfino più imponente delle vette del vicino North Cascades National Park.
Arriviamo sul posto molto presto, prima una breve sosta al Picture Lake nelle cui acque si specchia il monte Shukasa, e dopo presi i nostri zaini ci avviamo verso il Ptarmigian Ridge Trail. Il sentiero dopo un primo tratto in falsopiano, scende parecchio per poi risalire. La zona è ancora molto innevata e il sentiero attraversa diversi nevai. In cielo non ci sono nuvole ma, come succede sulle nostre montagne d’estate piano piano la nebbia arriva e prima di pranzo il monte Baker è nascosto nelle nebbie.
Ripresa la macchina decidiamo di fermarci per la notte lungo la strada che porta a Seattle in modo da avere meno strada da percorrere domani. Ci fermiamo al Smokey Point Studio dove al vicino Safeway (supermercato), comperiamo una bella cenetta cinese in quelle confezioni di cartone rettangolari che si vedono sempre nei telefilm. Alla cassa, il commesso ci fa tutto un discorso sui vantaggi nell’avere la tessera del supermercato, bah... ma non si vede che siamo turisti!?!
Una cosa curiosa. In un area di sosta dell’autostrada c’era un chioschetto artigianale con due signore di mezza età che offrivano, in cambio di un’offerta, caffe agli automobilisti.
Pernottamento: Smokey Point Studio (17329 Smokey Point drive, Marysville – Tel. 360.659.8561 – WA) – 66,25$

Domenica 1 agosto 2004
Smokey Point – Dungeness National Wildlife Refuge – Port Angels (km 318)
Ripresa l’autostrada, guidiamo verso l’Olympic Peninsula. Attraversiamo Seattle, chiamata così in onore di un capo tribù, dove abbiamo deciso di non fermarci. L’autostrada comunque attraversa la città avvolta in una leggiera nebbiolina a bassa quota. Si vede la cima della Space Needle, la grossa torre che gira, spuntare dalle nebbie. L’autostrada, notiamo che ha una corsia riservata ai mezzi pubblici e ai veicoli con almeno due persone a bordo.
Raggiunta la penisola, una prima sosta la facciamo al Dunages National Wildlife Reduce, poco prima di Port Angels. L’ingresso costa 3$, a meno che non si possegga uno dei tanti tipi di permessi annuali che esistono, quale per esempio il Golden Eagle Pass. In ogni caso occorre compilare un foglietto da mettere in una busta dove o si indicano i propri dati e o gli estremi del pass oppure si infilano 3$ nella busta. Una volta sigillata, la busta va infilata in un apposito contenitore. In ogni caso sul posto sono presenti dei volontari che oltre ad aiutare i turisti in questa strana forma di pagamento del biglietto forniscono anche una mappa dell’area. Il tizio ci chiede se abbiamo con noi delle maglie perché l’aria sull’oceano Pacifico è molto fredda. Nessun problema, nello zainetto abbiamo tutto il necessario contro il freddo.
Dopo aver camminato un po’ nella foresta si esce sulla spiaggia. Il rifugio infatti comprende un ampio pezzo di mare e di spiaggia fino ad un faro; è però visitabile solo una porzione di questa riserva. La giornata non è delle migliori, l’aria è gelida e il pile è appena sufficiente, mentre la vista è pressoché inesistente. La nebbia che dall’oceano arriva investe tutta la costa. E’ un peccato perché si poteva vedere l’isola di Vancouver.
Tra l’altro, in questa tratta di mare si possono anche osservare le balene, in zona organizzano anche delle escursioni in battello.
Nel pomeriggio ci dirigiamo a Port Angels dove cerchiamo un motel per la notte e ne troviamo uno carino e piuttosto economico. Invece della solita chiave ci viene data una tessera magnetica da infilare in un apposita fessura nella porta. Motel high tec, direbbe un nostro amico, a me però sta tesserina non mi dà troppa fiducia.
La nebbia sembra proprio intenzionata a non andarsene, passeggiamo un po’ per il paese e sul molo dove ci sono delle sculture di sabbia, ma l’aria che arriva dall’oceano è molto fredda.
Per cena, nonostante i tanti locali presenti in città, optiamo nuovamente per una cena cinese presa al take-away del supermercato e per una torta di quelle stile Nonna Papera. Sarebbe stato tutto perfetto se non per la carne che aveva una salsa un po’ troppo piccante per i miei gusti e la torta di Nonna Papera: una sorta di crostata con al suo interno una specie di composta di frutta. Premesso che se la pasta lo zucchero non l’ha neanche visto di striscio il ripieno proprio non sa cosa sia, dire che non era un granchè è quasi fargli un complimento. In fatto di dolci proprio non ci siamo.
Pernottamento: Aircrest Motel (1006 E. front Street – Port Angels – Tel. 360.452.9255 – aircrest@tenforward.com WA) 52,95$

Lunedì 2 agosto 2004
Port Angels – Olympic National Park – Forks (km 251)
Dopo una bella colazione a base di pane e marmellata, la torta l’abbiamo fatta finire nel cestino perchè il nostro stomaco si rifiutava di mangiarla, ci incamminiamo verso l’ingresso dell’Olympic National Park. L’Unesco ha dichiarato questo parco Riserva nazionale della biosfera il 26 ottobre 1976. Più tardi, la World Heritage Convention, 27 ottobre del 1981, gli ha conferito il World Heritage Site, un riconoscimento che viene conferito, a livello mondiale, alle aree di particolare interesse naturale e culturale. Per farci un idea sono World Heritage Site anche l’antica Tebe (le piramidi d’Egitto) o la barriera corallina in Australia.
La caratteristica che rende unico questo parco, qualcuno vorrebbe istituire un numero chiuso di visitatori all’anno, è quella di essere tre parchi in uno, perché sono infatti tre gli ecosistemi presenti in esso: si passa la foresta subalpina alle vette innevate delle Olympic Mountain, alla foresta pluviale ed infine ad una striscia di costa selvaggia a strapiombo sull’oceano Pacifico.
Il programma di oggi prevede solo una breve escursione sull’Hurricane Hill (m 1755) da cui si possono ammirare le vette dell’Olympic Mountain e le coste della Olympic Peninsula e dell’isola canadese di Vancouver. Il tempo è serenissimo in montagna ma sulla costa c’è la stessa nebbiolina di ieri, forse un po’ meno densa perché si riesce a vedere la sagoma dell’isola di Vancouver.
Vediamo un cervo e qualche esemplare di Olympic marmot, che emettono un fischio che pare quello di una persona, parecchio differente rispetto al fischio che emettono le nostre marmotte alpine.
L’isolamento della penisola in era glaciale ha portato allo sviluppo di fauna e flora endemiche, ossia proprie solo di questa zona. Tra gli animali vi è una specie particolare di marmotta e il cervo di Roosvelt. Sembra che il parco sia stato istituito anche con l’intento di proteggere questo cervo dal dorso bianco, che però noi non abbiamo avuto l’onore di ammirare, eppure dicono che ce ne sono parecchi.
Il sentiero, circa 4,8 km andata e ritorno, parte da Hurricane Ridge.
Nel pomeriggio ci spostiamo sul lato sud-ovest del parco, dove andiamo a percorrere un breve sentiero (Spruce Nature Trail, circa 2 km) all’interno della Hot Rain Forest. Dicono che ci siano i cervi ma noi non vediamo un bel niente se non tanta, ma tanta gente. E’ strano, stamattina eravamo seduti su un cucuzzolo ad ammirare le innevate vette delle Olympic Mountain mentre ora stiamo camminando nel folto della vegetazione in questa foresta che non ha nulla da invidiare a quelle fluviali, enormi alberi secolari, felci, muffe.
Rientrati a Forks, dove abbiamo deciso di pernottare, passiamo all’ufficio informazioni del parco a prendere l’orario delle maree. Domani vogliamo andare a visitare le spiagge del parco. Occorre andare a visitarle quando c’è la bassa marea, il mare si ritira e nelle pozze (dette tide pools) che rimangono sulla spiaggia si possono ammirare stelle di mare, anemoni e altre creature marine. E’ però importante conoscere gli orari esatti delle basse maree.
La nostra camera è carina, nulla di particolare, ma l’esterno del motel è particolare. Il porticato davanti alle camere brulica di vasi di fiori come pure il cortile e il giardino adiacente, la reception invece è invasa dalle bambole. Un posto particolare.
Forks è un paesino piccolo, tranquillo, c’è un supermercato che vende di tutto, ma proprio di tutto. E anche qui l’immancabile congelatore con il ghiaccio, mi piacerebbe proprio sapere chi lo usa ancora.
Per la cena andiamo al Pacific Pizza, funziona un po’ come pizza hut, scegli la dimensione della tua pizza e cosa ci vuoi mettere sopra. Restano sempre perplessi dal fatto che sulla nostra pizza ci vogliamo mettere sempre e solo pomodoro, formaggio e prosciutto. Osservando i tavoli vicino vediamo certi accostamenti di gusti che farebbero venire i capelli dritti ad un qualunque pizzaiolo in Italia.
Pernottamento: Town Motel (1080 S. Forks Avenue – Forks – Tel. 360.374.6231 – WA) – 55,12$
Cena: Pacific Pizza (870 Forks Avenue – Forks – WA) – 15,60$

Martedì 3 agosto 2004
Forks – Olympic National Forest – Emunclaw (km 404)
Ahi ahi ahi, il bel tempo che fino ad ora ci ha accompagnato stamattina ha deciso di farsi un giro altrove. Una leggera pioggerellina e una nebbiolina da novembre ci accoglie al nostro risveglio.
Poco male, noi a vedere le spiagge ci andiamo comunque. Armati di k-way e indossati gli scarponi per non bagnarci ci avviamo alla spiaggia. I sentieri che conducono alle spiagge attraversano prima questa specie di foresta, fitta fitta, che con la pioggia sembra quasi di essere in Amazzonia, per poi sbucare improvvisamente sulla spiaggia. La guida dice di osservare bene la zona in cui si sbuca perché poi si potrebbero avere delle difficoltà a trovarla, ma degli enormi cartelli stile quelli dei divieti di accesso sono posti in corrispondenza dell’inizio dei sentieri, per cui, o uno è gnugnu o la strada di casa la trova come niente.
Con la bassa marea, il mare si è ritirato parecchio lasciando di tanto in tanto delle pozze. Passeggiamo un po’ sulla spiaggia. L’odore del mare, il rumore dell’acqua, il verso dei gabbiani, sarebbe tutto perfetto se non che Marco, che non ama il mare, si lamenta perché le suole dei suoi poveri scarponi d’alta montagna si stanno inzuppando di sabbia. Gliel’avevo detto io di mettere i sandali!
Vediamo parecchie anemoni e stelle di mare e per poco non ricevo un pesce sulla testa. Un gabbiano o un cormorano in volo lascia cadere il suo pesce mezzo mangiato che atterra a meno di quaranta centimetri da me!
Terminata la visita alla spiaggia riprendiamo il viaggio verso la nostra prossima destinazione, il Mt Rainer National Park, le cui foto hanno entusiasmato Marco non poco. Il monte Rainer, con i suoi 4892 metri d’altezza è la vetta più alta della catena delle North Cascades, dà il nome all’omonimo parco nato come il quinto parco degli Stati Uniti il 2 marzo 1899. Si tratta di un vulcano tutt’ora attivo le cui ultime eruzioni sono state segnalate nell’ottocento. Ogni anno circa 4500 alpinisti si arrampicano sulla sua vetta perennemente innevata, io non sarò uno di questi... eh eh eh.
L’abitato di Emunclaw non è tanto piccolo ma la città vanta solo due motel, o per lo meno questi sono quelli che ho visto e che la gentile signora dell’ufficio informazioni mi ha indicato. Veramente ero anche entrata per chiederle se aveva una cartina stradale dell’Oregon e me ne sono uscita con la cartina dello stato di Washington che non è proprio la stessa cosa, ma non mi sono osata di dirle che ne avevo già due in macchina per non parlare di quelle che invece ho lasciato a casa. Una visita agli uffici informazione dei piccoli centri, secondo me è da fare: a parte l’enorme quantità di materiale che ci si trova, la cortesia con cui ti accolgono e la disponibilità di queste persone è impressionante. Il più delle volte ci sono delle signore di una certa età che oltre a dare indicazioni e opuscoli offrono anche biscotti e caffè.
Il motel che scegliamo non è niente male, la nostra stanza è al primo piano in posizione d’angolo. E’ molto spaziosa ed è perfino dotata di un balconcino.
Pernottamento: King’s Motel (1334 Roosvelt Avenue, Emunclaw – Tel. 360.825.7552 – WA) – 63,95$

Mercoledì 4 agosto 2004
Emunclaw – Mt Rainier National Park – Greenwater (km 172)
Sveglia presto e subito in macchina per raggiungere la zona di Sunrise nel Mt Rainer National Park. Si tratta di un zona che offre vedute mozzafiato sul Monte Rainer e i suoi ghiacciai, ed è anche la strada che raggiunge la quota più alta del parco, così dice la guida.
Lasciata la nostra macchina nel vuoto, per ora, parcheggio di Sunrise ci avviamo verso il Burroughs Mountain Trail. Si tratta di un sentiero lungo 11,2 km tra andate e ritorno che in circa 3 ore, consente di raggiungere prima la vetta della First Burroughs caratterizzata da un paesaggio tipico da tundra e dopo la Second Burroughs da cui sembra quasi di toccare la vetta del monte Rainer. La parte alta del monte Rainer e dei suoi ghiacciai, è immersa nella nebbia e solo a momenti è visibile. In ogni caso con un po’ di pazienza e tanta fortuna riusciamo anche a vedere anche la vetta di questa montagna. E’ veramente maestosa, Marco ne è affascinato e attratto.
Decidiamo di pranzare sulla Second Burroughs come altre persone giunte dopo di noi. In lontananza si vede un branco di mountain goats che pascola tranquillo. Nel parco, dicono le guide, risiedono anche orsi, cervi, puma, linci, marmotte, castori e procioni, ma noi abbiamo visto ben poco a parte qualche cervo, i soliti scoiattolini, qualche marmotta e le capre di montagna.
Il pranzo è stato allietato dalla compagnia di un simpatico, ma altrettanto invadente, columbian ground squirrel (scoiattolo di terra). Effettivamente ce n’era più d’uno che si aggirava nella zona ma di temerario e coraggioso come questo c’era solo lui. Non solo si avvicinava alle persone senza timore, ma ti passava sulle scarpe, sulle gambe, si fermava a guardarti e… sono perfino dovuta andare a recuperarlo nel mio zaino. Il mio piccolo amico ha trovato lo zaino aperto e si è infilato dentro. Con delicatezza e senza stringere forte l’ho afferrato, pensavo che avrebbe reagito, magari mordendomi, invece... niente paura, l’ho preso e posato fuori dallo zaino e lui non ha fatto una piega. Finita l’esperienza con il mio zaino ha deciso di andare a terrorizzare una signora saltandole sulla schiena, la scena è stata comica... questa che urlava e le amiche che cercavano di allontanarlo con i bastoncini telescopici, eh eh eh.
Alla fine abbiamo dovuto dividere il nostro pranzo con il nostro amico. Non riuscivo a preparare i panini perché lui non si toglieva di torno, così ho dovuto dargli un pezzetto di pane per tenerlo impegnato.
Dopo pranzo riprendiamo il cammino, il sentiero prosegue e consente di raggiunge un altro cucuzzolo da cui, per pochi minuti, abbiamo potuto vedere altri imponenti ghiacciai di questa montagna.
Pernottamento: King’s Motel (1334 Roosvelt Avenue, Emunclaw – Tel. 360.825.7552 – WA) – 63,95$
Cena: MCDonald’s – 11,37$

Giovedì 5 agosto 2004
Emunclaw – Mt Rainier NP – Morton (km 273)
Ci svegliamo e sta piovendo. Dobbiamo percorrere parecchia strada per raggiungere la parte sud del parco, per cui, anche se il tempo non è bello, non rimaniamo a poltrire a letto più del necessario. A Paradise Area, la nostra meta di oggi, il tempo è piovoso e fa freddo. E pensare che per oggi avevamo in programma un sentiero che ci portava ai piedi del ghiacciaio. La nebbia è troppo bassa e la visibilità è scarsissima. Giriamo nei dintorni di Paradise tutta la mattina, visitiamo le Narada Falls, il centro visitatori che racconta un po’ la storia della montagna, del parco e dei suoi animali.
Nel pomeriggio stufi di questo girare a vuoto e visto che la pioggia ha cessato di cadere, ci incamminiamo, come tanti altri, a percorrere i brevi sentieri che si diramano nei dintorni della Paradise Area. Scegliamo il Panorama Trail. A tratti la nebbia si dirada e ci permette di vedere l’ambiente che ci circonda. Purtroppo al Panorama Point la nebbia la fa da padrona. Su un nevaio piuttosto verticale alcune persone stanno facendo delle esercitazioni di soccorso alpino, mentre più in là un gruppetto di novellini alpinisti (lo si deduce dagli scarponi freschi di negozio) si esercita a frenare una caduta con la piccozza.
Il sentiero in più punti attraversa dei nevai, alcune persone o non hanno letto il cartello all’inizio del sentiero o hanno sottovalutato la cosa visto che si ritrovano a scivolare sulla neve, e quindi a dover tornare indietro, poichè le loro scarpe non sono affatto adatte ad attraversare questi tratti innevati.
Speranzosi che forse la giornata di domani possa essere di bel tempo, non ci vogliamo allontanare molto da questa zona. Cerchiamo quindi un pernottamento a Ashford, località all’ingresso sud del parco, ma non troviamo nulla che fa al caso nostro. Ho un elenco di pernottamenti ma certi posti non riusciamo nemmeno a trovarli. Alla fine ripieghiamo su Morton dove l’unico motel disponibile che fa al caso nostro non è affatto economico. Abbiamo trovato un motel più economico ma era una stanza per fumatori e appena aperta la porta la puzza del fumo ci ha invaso. Va beh, poco male… come direbbe un nostro amico, “questa sera motel da signori”. Niente da dire sul motel, molto grande e molto bello. La tariffa prevede anche la colazione. La signora della reception si è vivamente raccomandata che firmassimo il suo registro degli ospiti perché, ci ha detto, era la prima volta che ospitava degli italiani. Poteva pure farci un po’ di sconto, eh eh eh.
Per la cena, a parte un ristorante messicano che escludo perché non mi piace questo tipo di cucina, c’è un solo altro locale dove ci mangiamo il solito hamburger con patatine, il menù non è che offriva molto da scegliere.
Pernottamento e colazione: Seasons Motel (200 Westlake Avenue – Morton – WA) – 76,79$
Cena: 10,92$

Venerdì 6 agosto 2004
Morton – Mount St. Helens National Volcanic Monument – Longview (km 240)
Ci svegliamo e il tempo non è affatto migliorato. Considerato che il tempo non era molto diverso da quello di ieri, abbandoniamo l’idea di tornare al Monte Rainer e ci dirigiamo così verso il Mt St. Helens National Volcanic Monument. Il 18 maggio 1980 l’eruzione del Monte St Helens spazzò via 396 m della sua cima incenerendo centinaia di chilometri quadrati di foresta, uccidendo moltissimi animali e anche alcune persone, tra cui il proprietario di un lodge sulle rive dello Spirit Lake che si era rifiutato di lasciare la sua casa e alcuni boscaioli che stavano lavorando nella zona.
Per visitare la zona non si capisce bene che razza di permesso bisogna avere, fatto sta che a noi tocca di pagare il biglietto. Ci sono più centri visitatori, ubicati in zone differenti, e ognuno prevede il pagamento di un diverso biglietto. Tutto un po’ in contrasto con quanto visto finora. Il tempo non è bello e le nebbie basse non ci premettono di vedere il vulcano. Visitiamo un visitor centre dove un percorso illustra la storia del vulcano e delle immagini documentano la spettacolare eruzione del 1980. In attesa che smetta di piovere decidiamo di andare ad assistere alla proiezione di due filmati, uno sulla storia dell’eruzione e uno sulla situazione dei vulcani negli Stati Uniti: tutta la costa ovest è, infatti, un susseguirsi di vulcani. I due filmati sono molto interessanti anche se non possiamo fare a meno di notare lo stile dei documentari del tipo ‘guardate quando siamo bravi noi americani a dominare la natura’... eh eh eh, anche loro non sono perfetti!
Percorriamo la strada (la Hwy 504) che ci porta proprio al centro dell’area di eruzione ma il tempo non migliora e l’unica cosa che possiamo vedere è il fondo valle colmo di lava dove la natura piano piano sta rinascendo. Con il binocolo Marco vede anche dei cervi pascolare in un punto dove è già ricresciuta l’erba. In alcuni punti del parco, per effetto di un rimboschimento ad opera dell’uomo, la forza distruttiva del vulcano si nota appena.
Le guide riportano che al termine di questa strada ci sia un ottimo punto panoramico da cui si riesce a vedere la cupola di lava all’interno del cratere.
Per la notte scegliamo un motel a Longview, cittadina sulle rive del Columbia River.
Dopo una pizza veloce da Pizza Hut e un salto da Safeway, dove la commessa voleva farci a tutti i costi la tessera per gli sconti, rientriamo in camera dove ci aspetta l’arduo lavoro di far stare tutto dentro le nostre valigie. Fortuna che la nostra stanza è molto spaziosa perché sta sera di spazio ce ne serve proprio tanto.
Pernottamento: Town House Motel Longview (744 Washington Way – Lonwview – Tel. 360.423.7200 – WA) – 46,50$

Sabato 7 agosto 2004
Longwiew – Mount St. Helens NVP - Portland (Oregon) (km 281)
Se il tempo fosse stato sempre dalla nostra parte questa mattina saremmo dovuti andare a vedere il monte Hood in Oregon a poche miglia da Portland e invece anche se la giornata di oggi non sembra essere è delle migliori riprendiamo la strada del monte St Helens speranzosi di riuscire a vedere la vetta del vulcano. Effettivamente la giornata è migliore di quella di ieri anche se non si può definire bella, perché per lo meno riusciamo a vedere le pendici di questo monte ma, ahimè, niente punta.
Purtroppo il tempo stringe, per cui non ci resta che prendere la strada verso l’aeroporto di Portland, che si trova subito dopo aver attraversato il fiume Columbia su cui passa anche il confine dei due stati. Lasciamo l’auto all’Avis dove ci accoglie un addetto di origine rumena che parla meglio l’italiano dell’inglese, un ometto simpatico e gentile.
Dopo un ultimo sguardo alla nostra auto che ci ha fatto compagnia per tre settimane ci avviamo verso il terminal delle partenze con la consapevolezza che la nostra vacanza è proprio finita!
I controlli sono sempre molto minuziosi. Al check-in controllano i passaporti e mettono la solita striscia con le destinazioni ai bagagli, ma non li ritirano. Devono infatti passare un altro controllo: vengono infilate in un aggeggio simile a quello del controllo dei bagagli a mano. Si lascia le valigie da un lato e le si guarda passare: se gli addetti vedono sui loro monitor cose poco chiare o dubbie aprono la valigia e ne verificano il contenuto. E’ per questo che un avviso spiega di non sigillare le valigie prima di questo controllo perché se si aprono bene altrimenti spaccano le serrature per aprirle; l’avviso dà ad intendere che non sono disposti ad andare troppo per il sottile. Ultimato il controllo le valigie vengono sistemate dagli addetti su appositi carrelli. Se uno vuole chiuderle per benino, per esempio con una chiave o un lucchetto, deve chiedere all’addetto di farlo al posto suo perché dopo il controllo non lasciano più che nessuno si avvicini alle valigie all’infuori del loro personale.
I nostri posti sul volo sono vicino al finestrino. La rotta del volo è in questa fare iniziale molto panoramica. Chi siede a destra del velivolo come noi può ammirare le viste dall’alto del monte Hoods della vetta del vulcano St Helens e la vicina vetta del monte Adams (sito in una riserva indiana), il maestoso monte Rainer e le vette della catena delle North Cascades, mentre chi siede a sinistra gioverà della vista della Olympic Peninsula e di Seattle. Noi siamo più che soddisfatti della nostra vista, possiamo finalmente vedere le cime di queste montagne che spuntano dalle nebbie.
E così è finito anche questo viaggio.
Spesso mi capita di sentire per radio le note di ‘The Reason’ degli Hoobastank e con nostalgia ricordarmi i lunghi viaggi in macchina accompagnati dalle note di questa canzone. Ora rimangono i ricordi, le foto, questo racconto e tutto quello che con tanta nostalgia ricorderemo di questo viaggio e di questo immenso Paese.

Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento, contattaci per ottenere il tuo account

© 2024 Ci Sono Stato. All RIGHTS RESERVED. | Privacy Policy | Cookie Policy